I nuovi strumenti di finanziamento delle imprese previsti dal Governo italiano

Con il DL. Num. 59/2016 ora convertito in legge (L.119/2016) – come abbiamo avuto modo in altro blog di informare (vedi Nuovi strumenti per la gestione dei crediti in sofferenza) – si introducono nel diritto italiano due nuovi contratti di garanzia a favore delle imprese: il pegno mobiliare non possessorio e il patto marciano. Scopo di tale intervento legislativo è concedere ulteriori canali di finanziamento alle imprese senza bloccare la loro operatività. Questi nuovi strumenti di garanzia creati dal legislatore italiano offrono nuove possibilità di tutela delle proprie pretese anche ai creditori stranieri nei confronti dei propri partner commerciali italiani.

Vediamo quindi di focalizzare nel concreto i caratteri del primo di questi istituti:

Il pegno mobiliare non possessorio.

Tale pegno ha carattere speciale rispetto al pegno disciplinato nel codice civile italiano perché potrà essere costituito unicamente da parte d’imprenditori, iscritti nel registro delle imprese (limite soggettivo) e solo su alcuni tipi di beni, quelli “inerenti all’esercizio dell’attività di impresa” (limite oggettivo), quindi non su beni personali dell’imprenditore o relativi ad una impresa diversa da quella nei cui confronti si vanti il credito. Caratteristica peculiare di questo nuovo istituto è la mancanza di spossessamento del bene. A differenza di quanto contraddistingue il pegno ordinario per cui il creditore è garantito proprio dal fatto di avere il possesso del bene mobile, in tale nuovo istituto il creditore è garantito dal meccanismo della pubblicità legale del pegno non possessorio. Infatti nel caso in cui si voglia costituire un tale pegno occorrono non solo dei requisiti formali stringenti (quali il contratto scritto tra le parti previsto a pena di nullità e l’indicazione specifica dei soggetti coinvolti, dei beni dati in garanzia, del credito garantito e dell’importo massimo garantito), ma occorre l’iscrizione di tale pegno in un registro telematico tenuto presso l’Agenzia delle Entrate e denominato “Registro dei pegni non possessori”. È solo con tale iscrizione che viene ad esistenza il pegno non possessorio (efficacia costitutiva della pubblicità legale) e se ne determina il grado e l’opponibilità ai terzi. In altri termini anche se sono possibili più pegni non possessori sullo stesso bene, deve essere presa come riferimento, quanto meno ai fini dell’opponibilità, la data della prima iscrizione. Ciò vale anche in caso di sentenza dichiarativa di fallimento del debitore, per cui il creditore garantito da pegno non possessorio iscritto in data anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento non solo potrà essere opposto al fallimento stesso, ma gode all’interno della procedura di una posizione particolarmente privilegiata. Tale creditore, infatti, avrà la possibilità di liquidare in via stragiudiziale autonoma (nonostante la pendenza della procedura fallimentare) con il solo limite di aver insinuato precedentemente il proprio credito nel passivo fallimentare e di essere stato ammesso al passivo con prelazione.

Rimane tuttavia un’attività di monitoraggio del curatore sulle attività di liquidazione del bene garantito da pegno non possessorio nonché la possibilità che anche tale garanzia possa essere colpita da azioni revocatorie ai sensi degli artt. 66 e 67 della legge fallimentare.

La garanzia del pegno non possessorio presenta, poi, tutta una serie di vantaggi che la rendono attraente per il creditore che se ne intenda avvalere, in particolare, la cd. rotatività  dei beni oggetto della garanzia non possessoria, dei quali anche in presenza del vincolo di garanzia si potrà disporre. Quindi in via generale e tranne nel caso in cui le parti contrattualmente lo escludano, il pegno non possessorio si potrà trasferire anche al corrispettivo della cessione del bene gravato o al bene sostitutivo acquistato con tale corrispettivo o se trasformato in altro prodotto, sul risultato di tale trasformazione. Il bene oggetto di pegno non possessorio potrà anche essere locato, con il vantaggio dell’imputazione dei canoni di affitto al soddisfacimento del credito garantito. In ogni caso attenzione è dovuta perché l’iscrizione di pegno non possessorio ha durata di soli 10 anni (seppure rinnovabile) e le modalitá di registrazione allo stato attuale non sono ancora state precipuamente disciplinate. Quindi uno strumento di garanzia del credito interessante sotto diversi profili tutte le volte in cui sussista un interesse della prosecuzione dell’attività economica del proprio partner commerciale.

Lo studio legale A & R Avvocati Rechtsanwälte Vi assiste nella valutazione di possibilità e opportunità di costituzione di garanzie a tutela dei Vostri crediti anche alla luce delle costanti novità normative.

Anche sentenze contumaciali sono suscettibili di certificazione come titoli esecutivi europei e pertanto eseguibili direttamente nei paesi EU

La Corte di giustizia europea si è pronunciata di recente su una questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Bologna per chiarire in modo inequivocabile che una sentenza contumaciale può essere certificata come titolo esecutivo europeo ai sensi del Regolamento CE 85/2004 e come tale direttamente eseguita all’estero perché rientrante nelle ipotesi di “crediti non contestati” come qualificati all’interno del regolamento europeo. Ciò avviene anche qualora il diritto nazionale della pronuncia – come nel caso di specie il diritto italiano – non attribuisca alla condanna contumaciale valenza di non contestazione del credito.

La pregiudiziale era stata sollevata dal Tribunale di Bologna il quale, richiesto di rilasciare la certificazione di titolo esecutivo europeo su una sentenza di condanna resa in contumacia della controparte, si chiedeva se l’assenza dal processo della parte creditrice dovesse essere valutata alla stregua del diritto italiano (quindi denegando la valenza di mancata contestazione) o secondo il diritto europeo che la qualifica come situazione di non contestazione (semprechè siano state osservate tutte le garanzie sufficienti del rispetto del diritto di difesa – vedi anche “Nuovo Regolamento Europeo sulla competenza giurisdizionale, riconoscimento e esecuzione delle decisioni“). Nella sentenza C-511/14 – 16 giugno 2016 – Pebros Servizi srl c. Aston Martin –sulla corretta interpretazione del Reg. CE 805/2004 sul Titolo Esecutivo UE per crediti non contestati la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito, nella sua funzione di ente deputato all’applicazione uniforme del diritto europeo e garante del principio di eguaglianza tra gli Stati membri, che i “crediti non contestati” devono essere determinati in modo autonomo, sulla base di questo solo regolamento. Nello specifico ha ribadito – come da sua giurisprudenza costante – che tutte le volte in cui “i termini di una disposizione del diritto dell’Unione non contengano alcun espresso richiamo al diritto degli stati membri ai fini della determinazione del suo senso e della sua portata, devono essere oggetto nell’intera Unione Europea di un’interpretazione autonoma ed uniforme da effettuarsi secondo il contesto della disposizione e delle finalità perseguite dalla normativa in questione”. Il regolamento CE rinvia sì alle norme procedurali nazionali, ma solo in relazione alle modalità procedurali ed ai termini di cui può servirsi la parte debitrice per opporsi efficacemente al credito. Qualora queste modalità non siano state seguite o i termini siano inutilmente decorsi e purché siano osservate le garanzie minime del diritto alla difesa, la mancata partecipazione al giudizio di parte creditrice è da valutarsi come non contestazione. Nella pronuncia in oggetto, inoltre, appare rilevante anche un chiarimento interpretativo della Corte di giustizia europea sull’attività stessa di certificazione di una sentenza come titolo esecutivo compiuta dai Tribunali richiesti. Tale attività non è da considerarsi come “un procedimento puramente amministrativo o di volontaria giurisdizione” – così in obiezione il Governo italiano, bensì come un “esame giurisdizionale delle condizioni previste dal regolamento CE 805/2004 al fine di valutare se siano state osservate le norme minime volte a garantire il rispetto dei diritti di difesa del debitore”. Quindi è auspicabile che i giudici risultino sensibilizzati da tale pronuncia della Corte europea e valutino la richiesta di certificazione di titoli quali TEE come un’attività di seria certificazione delle decisioni giudiziarie che si vogliano far valere esecutivamente all’estero, garantendo il controllo della regolarità del procedimento giudiziario che ha condotto alla sentenza tramite verifica di tutti gli elementi elencati nell’Allegato I al regolamento CE idoneo per tale certificazione.

Lo studio A & R Avvocati Rechtsanwälte Vi supporta sia nella fase di richiesta presso i tribunali italiani di apposita certificazione di titolo esecutivo europeo per sentenze ottenute nei confronti di soggetti residenti in uno degli stati membri (in particolare in Germania) sia anche per la parallela attività di verifica di tali certificazioni ottenute in Germania nei Vostri confronti.

Competenze speciali previste dalla normativa europea

Segnaliamo una nuova sentenza della Corte di giustizia europea in tema di giurisdizione: C-12/15 – 16 giugno 2016 – Universal Music c. Michael Tetreault + altri – Articolo 5, punti 3, Reg. CE 44/2001 allo scopo di precisare alle società ed imprese che non sempre i tentativi di ancorare la giurisdizione alla propria sede sociale sono possibili o premino, ma spesso risultano forieri di ulteriori costi e di un prolungamento negli anni dei giudizi.

La Corte di giustizia europea si è pronunciata su richiesta della Corte Suprema dei Paesi Bassi in una causa promossa da una società con sede in Olanda, l’Universal Music International Holding BV contro tre avvocati, con sede in diversi stati, per un errore dovuto a negligenza compiuto da uno di essi nella Repubblica Ceca nella redazione di uno dei contratti atti a determinare l’acquisizione della casa discografica. Tale vendita doveva avvenire in due momenti (immediatamente si trasferiva il 70% delle azioni della società ed il 30% in un momento successivo). A seguito dell’errore commesso dagli avvocati cechi, che non trascrivevano correttamente le indicazioni dell’ufficio legale della holding, si produceva l’effetto che questa dovesse pagare un prezzo nettamente superiore a quello originariamente previsto (il prezzo era stato parametrato sulle azioni ed era 5 volte superiore a quello pattuito). Le parti deferivano la causa ad un collegio arbitrale ceco, come previsto nel contratto, ed arrivavano ad un lodo arbitrale. Nell’esecuzione dello stesso la Universal Music pagava l’importo transatto mediante versamento da un conto bancario tenuto nei Paesi Bassi di cui essa era titolare. Questa, quindi, ritenendo che il danno ad essa cagionato fosse dato dalla differenza tra quanto effettivamente pagato a titolo di transazione e quanto originariamente pattuito dalle parti (oltre le spese arbitrali) riteneva di aver subito il danno patrimoniale presso la propria sede, per essere stato effettuato il versamento della somma transatta da un conto olandese e da una società olandese. Quindi agiva contro gli avvocati coinvolti, seppure di residenze diverse, presso la corte olandese della propria sede. I giudici olandesi aditi rigettavano l’azione sollevando il loro difetto di giurisdizione e pertanto si arrivava alla Corte Suprema olandese che chiedeva l’intervento ermeneutico della Corte di giustizia europea. Questa ha colto l’occasione per ribadire la centralità del principio del foro generale del convenuto e quindi il carattere alternativo e speciale dei fori indicati all’Art. 5 del Reg. 44/2001. Conseguenza ne è che” poiché la competenza dei giudici del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto è regola di competenza speciale, questa deve essere interpretata in maniera autonoma e restrittiva, il che non consente un’interpretazione che ecceda le ipotesi previste in modo esplicito dal Regolamento”. La scelta operata dal legislatore europeo di ancorare la giurisdizione in tema di illecito civile al luogo in cui si è verificato l’evento dannoso non è casuale ma risponde all’esigenza di economia processuale di facilitare l’assunzione delle prove e mantenere la vicinanza al luogo della controversia, quindi ancora una volta sono questi i criteri guida per la determinazione della corretta competenza. La Corte Europea ha ritenuto in questo caso che il “luogo in cui l’evento dannoso è sorto” sia sia quello in cui ha avuto luogo il fatto generatore del danno (la negligente redazione del contratto di vendita avvenuto nella Repubblica Ceca) sia il luogo di realizzazione del danno (il procedimento arbitrale ed il corrispondente lodo che cristallizzavano l’obbligo di pagamento avvenivano nella Repubblica Ceca) pertanto il maggiore collegamento con la controversia era quello con la Repubblica Ceca e non con l’Olanda. La sola circostanza del bonifico bancario avvenuto da conto olandese non è di per sé in grado di fondare la giurisdizione olandese e non corrisponde ai principi enunciati di prossimità alla controversia. Pertanto nuovamente si attira l’attenzione dei nostri Clienti sulle problematiche del forum shopping e sulle conseguenze che ne possano derivare se non si valutano attentamente a priori i pro e i contra al momento della promozione di una causa.

Lo Studio legale A & R Avvocati Rechtsanwälte Vi assiste nella valutazione a monte su quali siano i giudici competenti a livello internazionale a dirimere controversie con i Vostri Partner commerciali stranieri e Vi guida già nella costituzione dei rapporti contrattuali alla individuazione delle corrette clausole ad hoc che possano al meglio tutelarVi.

 

Precisazioni della Corte di Giustizia Europea sulla clausola di attributiva di competenza prevista in condizioni generali di contratto

Segnaliamo una nuova sentenza della Corte di giustizia europea (Sentenza: C-366/13 – 20 aprile 2016 – Profit Investment Sim spa c. Stefano Ossi + altri – Regolamento CE n. 44/2001) in un tema particolarmente delicato e di fondamentale importanza nei rapporti giuridici transfrontalieri: la clausola di deroga della competenza. Questa viene spesso prevista nelle condizioni generali di contratto di un contraente (solitamente quello più forte) al fine di predeterminare il giudice deputato a risolvere eventuali controversie (vedi anche – “Competenze speciali previste dalla normativa europea“). Prevedere una simile clausola nelle condizioni generali di per sé non è sufficiente a rendere la stessa vincolante, in particolare in caso di mutamenti di circostanze ed in assenza di ulteriori comportamenti della parte che intende prevederla.

La Corte di giustizia europea si è pronunciata nella seguente causa: una società di intermediazione mobiliare italiana agiva contro una banca d’affari tedesca che aveva lanciato sul mercato un programma di emissione di titoli obbligazionari indicizzati ad alto rischio. Nel prospetto di emissione dei titoli si prevedeva una clausola di deroga della competenza che indicava come giudice competente a dirimere le controversie, in via esclusiva, quello inglese. La società italiana aveva sottoscritto il prestito (cd. “mercato primario”) attraverso una società di intermediazione finanziaria inglese che a sua volta cedeva i titoli sul mercato secondario. A causa del mancato pagamento della quota degli interessi maturati, la società italiana era messa in liquidazione e avviava un’azione dinanzi al giudice italiano. La banca d’affari tedesca contestava la giurisdizione dei tribunali italiani perché nella clausola attributiva di competenza contenuta nel prospetto erano indicati i tribunali inglesi. Veniva pertanto effettuato regolamento di giurisdizione presso la Cassazione italiana che, a sua volta si rivolgeva ai giudici europei per la soluzione interpretativa e dirimente di diversi quesiti tra cui quello relativo alla validità di una clausola attributiva di competenza (ex Art. 23 Reg. CE 44/2001) prevista in un „prospetto“ predisposto unilateralmente da una parte sotto il profilo del requisito della forma scritta richiesta dal Regolamento comunitario ed in particolare della validità e vincolatività di tale clausola in caso di circolazione transfrontaliera. In altri termini, può una simile clausola (prevista originariamente nel contratto tra emittente di un titolo e sottoscrittore dello stesso = mercato primario) essere opposta ad un terzo (che ha acquistato detto titolo da tale sottoscrittore = mercato secondario)?

La Corte Ue ha ribadito l’ordine di priorità tra le disposizioni sulla giurisdizione e competenza, sottolineando il carattere centrale del principio di competenza del giudice del domicilio del convenuto. Scopo di tale previsione regolamentare è proprio quello di garantire un alto grado di prevedibilità del giudice atto a dirimere le controversie tra gli operatori del mercato. A completamento di tale normativa sul foro generale sono previsti i cd. “fori alternativi speciali” basati sullo stretto collegamento tra controversia e giudice dirimente (es: in caso di vendita, il giudice del luogo di consegna dei beni venduti; in caso di prestazione di servizi, il giudice del luogo di esecuzione della prestazione). In via eccezionale va inquadrata la norma che prevede nel Regolamento EU la proroga di tale competenza basata sulla volontà delle parti in tal senso. La Corte EU – ribadendo sua giurisprudenza precedente – tende a precisare che tale proroga è valida se corrisponde al consenso effettivo degli interessati e se è stata pertanto richiamata espressamente tra le parti nella stipulazione del contratto ad hoc. Tale valutazione spetta al giudice nazionale adito. Nel caso concreto il giudice dovrà valutare se la clausola di proroga del foro, contenuta nel prospetto redatto dall’emittente del titolo, sia poi ripresa negli altri documenti contrattuali; se ciò non avviene la proroga di competenza non può produrre effetti. Incomberà inoltre sempre al giudice del rinvio la valutazione della validità della clausola anche in caso di trasferimento del rapporto giuridico: pertanto secondo la Corte EU, per poter dare validità ad una simile clausola e riconoscere la giurisdizione esclusiva al giudice ivi designato, occorre prima di tutto verificare che tale clausola sia valida nel rapporto primario tra le parti originarie, e poi verificare che il soggetto che sia subentrato nei rapporti giuridici (cd. mercato secondario) sia subentrata in tutti i diritti e obblighi discendenti in base al diritto nazionale applicabile ed abbia avuto la possibilità effettiva di conoscere tale clausola. In altri termini va valutata di volta in volta l’accessibilità del documento originario: se la società che ha sottoscritto i titoli sul mercato secondario conosceva il prospetto e, quindi, la clausola era facilmente accessibile, l’attribuzione di competenza iniziale conserva valore. L’effettiva conoscibilità della clausola viene valutata dalla Corte di giustizia europea tenendo conto anche degli usi commerciali nel settore.

Ancora una volta si evidenzia la difficoltà per gli operatori del mercato di valutare la portata delle proprie condizioni generali di contratto in particolare nei rapporti internazionali, lo studio legale A & R Avvocati Rechtsanwälte Vi assiste nella stipulazione di appropriate condizioni generali per il mercato estero e Vi guida nella indicazione dei criteri rilevanti per dare vincolatività alle stesse nei singoli rapporti commerciali.

Ulteriori passi avanti nella coordinazione dei registri delle imprese a livello europeo, tuttavia rimangono profili di critica

Le imprese si espandono sempre di più oltre i propri confini nazionali ed in particolare si muovono sempre di più all’interno del mercato unico europeo, in quanto questo fornisce una serie di agevolazioni ed opportunità che facilitano i traffici commerciali. Spesso si verifica l’esigenza di una fusione transfrontaliera o di una costituzione di una sede secondaria all’estero, da qui sorge una richiesta sempre crescente di accedere facilmente e a costi contenuti ad informazioni su altre società con sedi in stati membri diversi.

Allo stato attuale le imprese degli stati dell’Unione Europea possono avvalersi dell’EBR (=European Business Register), una rete di registri delle imprese dei singoli stati attraverso la quale possono essere reperite importanti ed ufficiali informazioni sulle imprese di partner commerciali siti in altri stati EU che si basano sulle fonti di informazioni messe a disposizione dai singoli stati con i propri registri nazionali tenuti secondo le norme vigenti rispettivamente in ciascuno Stato. Tale servizio garantisce agli operatori economici un facile e rapido accesso ad informazioni di rilievo economico e giuridico in grado di poter aiutare nelle eventuali scelte della vita commerciale quotidiana, quali l’affidabilità di fornitori e clienti, la recuperabilità di un credito sospeso, l’esistenza di procedure di insolvenza di eventuali debitori e cosi di seguito. Ora sebbene tale rete costituisca già un importante successo negli strumenti di coordinazione tra i paesi EU in quanto in grado di collegare e rendere accessibili i dati di ca. 20 milioni di imprese comunitarie, gli stati europei  intendono migliorare ed approfondire tale servizio in funzione della sempre maggiore intensificazione dei traffici commerciali transfrontalieri. Pertanto a seguito della direttiva 2012/17/EU gli Stati europei ambiscono alla costituzione di un sistema di interconnessione tra i registri delle imprese europei più profondo, denominato BRIS (=Business Registers Interconnection System) che renderà possibile la interazione e la comunicazione elettronica tra tutti i registri delle imprese della Unione europea, che potranno in tal modo scambiarsi informazioni sulle sedi estere, succursali e sulle fusioni transfrontaliere di società. Tale sistema di interconnessione tra i Registri delle imprese dovrebbe entrare in vigore entro l’08.06.2017 e si avvale di una “piattaforma centrale europea” cui dovrebbero interfacciarsi i singoli registri nazionali. Tale piattaforma dovrebbe essere in grado di trasmettere le informazioni provenienti da ciascuno dei registri degli stati membri agli altri registri degli stati membri richiedenti, secondo un formato standard e partendo da un dato comune identificativo delle imprese. Novità importante è quindi la previsione di tale identificativo unico (=EUID) che consenta di accertare in modo sicuro le società e le sedi secondarie in altri stati membri permettendo l’individuazione immediata dello Stato membro di provenienza, del registro nazionale di provenienza e del numero di iscrizione ivi tenuto. Tale identificativo, tuttavia, ha solo valenza interna nella comunicazione tra i registri e non dovrebbe essere utilizzato nella corrispondenza e negli ordinativi delle società.

Se è vero quindi che i giudici tedeschi deputati alla tenuta dei registri valutano favorevolmente tale interconnessione perché in grado di aiutare nella risoluzione di problemi pratici relativi alla gestione di informazioni su società straniere qualora si tratti di aprire – per esempio –  una succursale in Germania, tuttavia da più parti si sottolineano problemi non indifferenti quali la disponibilità di tali dati informativi unicamente nella lingua di origine. Anche qualora si prevedesse un sistema di traduzione automatica ma non garantita fornita dal portale, non si risolverebbe il problema in quanto tale sistema non sarebbe in grado di garantire i dati ottenuti, che attraverso tale traduzione inevitabilmente perderebbero il loro connotato di ufficialità. Critiche sono state sollevate anche, dai notai tedeschi in relazione alla difficoltà di individuare dati comuni nei diversi registri dei singoli stati. In altri termini il notaio tedesco che sia richiesto di emissione di un certificato di rappresentanza di una società sulla base di un estratto di un registro straniero non sempre avrà vita facile nell’individuazione del corretto soggetto individuato come rappresentante legale della società straniera, in quanto tale dato non emerge in maniera inequivocabile in tutti i dati dei registri europei. Quindi tale sistema di interconnessione è un passo avanti nello spazio economico europeo, ma non è ancora un atto di armonizzazione o ancor di più non crea una banca dati centralizzata a livello europeo. L’istituzione di un registro delle imprese europeo unico rimane ancora un obiettivo.

Lo studio legale A & R Avvocati Rechtsanwälte con sede a Monaco di Baviera, Milano e Padova Vi assiste in tutte le questioni aziendali permettendoVi  di prevenire rischi legali ed massimizzare al meglio le Vostre risorse imprenditoriali.

Il valore dell’insinuazione al passivo fallimentare dopo la conclusione del fallimento nel diritto tedesco

Una domanda che spesso ci viene posta dai nostri mandanti è se e perché insinuare in un fallimento in Germania quando le prospettive delle quote di ripartizione della massa fallimentare appaiono ridotte. Cosa succede una volta che la procedura concorsuale è terminata e che cosa rimane in mano al creditore concorsuale a parte la moneta fallimentare.

Al di là dell’interesse al recupero almeno parziale delle somme dovute da parte di un debitore insolvente, la procedura concorsuale tedesca prevede delle disposizioni che potrebbero – in determinate circostanze – essere interessanti per il creditore italiano (vedi anche “Procedura esecutiva in caso di apertura di fallimento in Germania“). Il creditore concorsuale, infatti, il cui credito sia stato accertato in corso di fallimento e non sia stato oggetto di opposizione da parte del fallito, potrà richiedere una volta chiusa la procedura tramite Aufhebungsbeschluss una copia in forma esecutiva dell’estratto dell’Elenco dei creditori (=vollstreckbare Ausfertigung des Tabellenauszugs) per far valere i propri crediti residui contro il debitore. Tale estratto ha valore di titolo esecutivo a tutti gli effetti ed è utilizzabile nei confronti del debitore. I precedenti titoli esecutivi acquisiti nei confronti del debitore, prima dell’apertura del procedimento fallimentare, non hanno più valore e una volta presentati a sostegno della propria insinuazione vengono, per così dire annullati e non possono più essere utilizzati nei confronti del debitore. Qualora per errore non venissero invalidati ed il creditore cercasse dopo la procedura concorsuale di farli valere, incontrerebbe la sicura opposizione del debitore eseguito. Quindi dopo la procedura fallimentare solo l’estratto dell’Elenco dei creditori in forma esecutiva, alle condizioni di cui sopra, può essere usato come titolo esecutivo per i crediti residui. Ciò ha rilevanza nei confronti del debitore persona fisica ma solo dopo il decorso del cd. Wohlverhaltensperiode (=periodo di buona condotta successivo alla chiusura del fallimento della durata di 3 o 5 anni) in cui perdura il divieto di azioni esecutive individuali. E successivamente solo qualora non sia concessa l’esdebitazione finale. Particolarmente rilevante è la possibilità di eseguire sul patrimonio del fallito dopo la procedura concorsuale per alcuni crediti particolari, per i quali eccezionalmente ciò è previsto dalla legge fallimentare. Si tratta dei crediti da atti illeciti dolosi, che ai sensi del § 302, comma I, num. 1 della Legge Fallimentare tedesca sono esclusi dalla esdebitazione purchè siano stati insinuati esplicitamente come tali. Sotto tale profilo occorre particolare attenzione proprio in fase di insinuazione. Lo studio A & R Avvocati Rechtsanwälte, in base all’esperienza acquisita in materia fallimentare, è in grado di assistervi al meglio già in tale fase di insinuazione permettendovi – laddove la natura del credito lo consenta – di riservarvi questa possibilità ulteriore di soddisfazione del credito.

Nei confronti dei debitori società di capitali la possibilità di eseguire sul loro patrimonio una volta cessata la procedura è praticamente nulla considerato che le persone giuridiche, il cui patrimonio sia stato interamente liquidato, non hanno più ragione di esistere e vengono cancellate d’ufficio dal registro delle imprese decretandone la definitiva cessazione. Anche nei confronti dei debitori che abbiano la forma giuridica di società di persone la possibilità di eseguire dopo la procedura fallimentare è esigua considerando che con l’apertura del fallimento queste vengono in linea di principio sciolte. Tuttavia in alcune circostanze particolari è possibile anche una delibera di prosecuzione. Importante però è non far confusione: un estratto dell’Elenco dei creditori in forma esecutiva, ottenuto relativamente ad una società fallita, non potrà essere utilizzato nei confronti dei singoli soci anche qualora venga in gioco una loro responsabilità personale. In tutti i casi in cui si voglia richiedere l’estratto in forma esecutiva dell’Elenco dei creditori, il giudice competente in via esclusiva è quello fallimentare (Amtsgericht) presso cui la procedura di insolvenza era pendente o quel Tribunale (Landgericht) competente per valore nella cui circoscrizione si trovava il giudice dell’insolvenza.

Lo Studio A & R Avvocati Rechtsanwälte con le propirie sedi a Monaco, Milano e Padova è a disposizione per offrirvi consulenza anche nella valutazione se e come agire al meglio in tali circostanze concomitanti una procedura fallimentare del Vostro debitore.

Procedura esecutiva in caso di apertura di fallimento in Germania

Spesso accade che durante il tentativo di recuperare coattivamente crediti sospesi nei confronti di partner commerciali tedeschi si renda necessaria una procedura esecutiva e che durante il corso della stessa si apra sul patrimonio del debitore una procedura fallimentare. Cosa fare in questi casi? Quale è la sorte degli atti esecutivi compiuti?

L’apertura di una procedura di insolvenza è un elemento pubblicizzato in Germania, tuttavia la sua fase prodromica (=Eröffnungsverfahren), vale a dire la procedura di valutazione dell’apertura di un fallimento che inizia con il deposito da parte di alcuni soggetti interessati (altri creditori o lo stesso debitore) della domanda di apertura (=Antrag auf Eröffnung des Insolvenzverfahrens) non è noto ai terzi e pertanto ben si potrà verificare – per un certo periodo limitato di tempo – tale sovrapposizione di procedure. Da un lato quindi le azioni esecutive individuali e dall’altro l’azione esecutiva concorsuale. Per quanto riguarda l’arco temporale di blocco delle procedure esecutive individuali esso copre – in generale- l’intera durata della procedura concorsuale. Durante tutta la durata della procedura concorsuale opera, infatti, il divieto generale di azioni esecutive individuali ai sensi del § 89 InsO(=legge fallimentare tedesca). Da tale divieto sono colpite anche le azioni esecutive per debiti della massa (non fondati da atti del curatore) per la durata di sei mesi dall’apertura del procedimento. Sempre in generale, dopo la chiusura del procedimento i creditori concorsuali possono far valere i loro crediti residui contro il debitore senza limitazioni. Tale disposizione ha il suo limite nei casi di procedure concorsuali cui segua la procedura di esdebitazione (=Restschuldbefreiung), in tali casi chiaramente non è possibile agire in via esecutiva individuale una volta ottenuta l’esdebitazione. Unica fonte di soddisfazione per i creditori concorsuali è, in tal caso, la moneta fallimentare (vedi anche “Insinuazione credito al passivo in Germania“). Una volta verificatosi lo stato d’insolvenza del debitore e nei due o tre mesi precedenti la presentazione della domanda di apertura della procedura di fallimento ben possono essere compiuti dai singoli creditori atti esecutivi che sono in linea di massima efficaci, tuttavia occorre rilevare che questi possono essere oggetto di revocatorie da parte del curatore – una volta aperta la procedura ai sensi e nei limiti del § 131 InSO.

Aperta la procedura concorsuale è anche possibile che sia il Tribunale fallimentare a provvedere in via cautelare alla sospensione degli atti esecutivi in corso ad opera dei singoli creditori ed alla interdizione di nuovi atti esecutivi che questi vogliano promuovere relativamente ai beni della massa, con apposito provvedimento ai sensi del § 21 InsO. Tuttavia è importante sapere che con l’apertura della procedura fallimentare opera ai sensi del § 88 InsO una falcidia retroattiva (=Rückschlagsperre) per tutte le azioni esecutive anteriori all’apertura del procedimento, per cui la prelazione ottenuta da un singolo creditore concorsuale su un bene della massa fallimentare con una procedura esecutiva individuale nel mese precedente alla domanda di apertura del procedimento perde efficacia con l’apertura del procedimento stesso. Il termine di riferimento per la falcidia sarà quindi la domanda di apertura del procedimento (che nella maggior parte dei casi al momento delle azioni esecutive individuali non è nota) e non il provvedimento di apertura del fallimento. Tutti gli atti compiuti nel mese anteriore a tale data sono colpiti dall’inefficacia per legge.

Lo Studio A&R Avvocati Rechtsanwälte Vi assiste con le proprie sedi a Monaco di Baviera, Milano e Padova nel recupero dei Vostri crediti anche nella eventuale fase esecutiva nei confronti di partner commerciali tedeschi ed è in grado di supportarVi anche nei casi di insolvenza dei Vostri debitori e nelle necessarie relazioni con le curatele fallimentari.

Modifica del Regolamento sui crediti di modesta entità

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 24 dicembre il Regolamento europeo (CE 2015/2421) di modifica del precedente provvedimento relativo al recupero di crediti di modesta entità (Reg. CE 861/2007 – vedi anche “il recupero crediti europeo di modesta entità) e del Regolamento relativo alla ingiunzione di pagamento europea (Reg. CE 1896/2006).

Secondo le modifiche operate dal Legislatore europeo si è elevata la soglia di qualificazione dei crediti di modesta entità (da € 2.000,- ad € 5.000,-) per poter ricorrere al recupero di crediti secondo le modalità agevolate e standardizzate a livello europeo del regolamento CE 861/2007. Tale importo è da valutarsi “alla data in cui l’organo giurisdizionale competente riceve il modulo di domanda”. Rimangono confermati il carattere scritto del procedimento  e la previsione che l’organo giurisdizionale possa procedere eccezionalmente “a un’udienza esclusivamente se ritiene che non sia possibile emettere la sentenza sulla base delle prove scritte o su richiesta di una delle parti”.

Nel regolamento di modifica inoltre si è introdotta la possibilità, relativamente alla ingiunzione europea di pagamento, in caso di tempestiva opposizione, che il procedimento prosegua “dinanzi ai giudici competenti dello Stato membro d’origine” secondo il procedimento europeo per le controversie di modesta entità, laddove applicabile, oppure in conformità con “un rito processuale civile nazionale appropriato”. Spetterà, quindi,  al ricorrente precisare, nella domanda di ingiunzione, quale di queste procedure debba essere seguita in caso di opposizione alla sua domanda nel successivo procedimento civile qualora il convenuto presenti opposizione all’ingiunzione di pagamento europea. Il Regolamento di modifica entrerà in vigore a partire dal 14.07.2017.

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La cancellazione dal Registro delle Imprese

Per tutti i titolari di partecipazioni sociali in società italiane, in particolare laddove sussista l’intenzione di far cessare l’attività della società attraverso una volontaria fase di liquidazione e la successiva cancellazione della società dall’apposito registro delle imprese, segnaliamo una nuova sentenza della Cassazione italiana (sentenza n. 14699 del 14.07.2015, Seconda Sezione Civile) che ha consolidato l’orientamento giurisprudenziale successivo alla riforma del diritto societario in Italia in tema di efficacia della cancellazione dal registro delle imprese.

Con la riforma del diritto societario in Italia (D. Lgs. N.6/2003) è stato modificato il tenore dell’Art. 2495 c.c. in modo innovativo, rispetto alla sua precedente formulazione, indicando l’istituto della cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese come evento estintivo immediato della stessa (efficacia costitutiva della pubblicità legale). In passato la cancellazione della società dal registro aveva una semplice valenza dichiarativa e non produceva l’effetto di estinguere la società, fintanto che i rapporti giuridici della stessa non si fossero completamente esauriti. In altri termini, se un creditore vantava una pretesa insoddisfatta nei confronti di una società cessata poteva sia agire nei confronti della stessa sia – in modo sussidiario ed autonomo – nei confronti dei liquidatori della società e dei soci della stessa limitatamente a quanto da questi riscosso in base al bilancio finale di liquidazione. Tutto ciò perché la società con la sola cancellazione dal registro non perdeva la sua soggettività giuridica o capacità di stare in giudizio, fintanto che sopravvivessero rapporti inesauriti.

La nuova formulazione dell’Art. 2495 cc ha introdotto un inciso decisivo: “ferma restando l’estinzione della società dopo la cancellazione,” i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. Ciò significa che la cancellazione della società produce come effetto immediato la sua estinzione, per cui i creditori insoddisfatti non potranno più agire nei confronti di quest’ultima, ma solo ed unicamente nei confronti dei soci (ed in alcuni casi dei liquidatori). La società una volta cancellata non può più né agire né essere chiamata in giudizio. I soci succedono nei diritti e negli obblighi della società cessata. Negli obblighi nei limiti di quanto da essi riscosso dopo la liquidazione o illimitatamente (se erano responsabili illimitatamente già in costanza di società) nei diritti: “si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, sebbene azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che questi vi abbia rinunciato” (così Cass. S.U. n. 6070 del 12.03.2013).

Tale principio di efficacia costitutiva della cancellazione vale in riferimento temporale, alle cancellazioni avvenute a partire dal 01.01.2004 e riguarda tanto le società di capitali quanto quelle di persone (in tal senso, Cass. S.U. n. 4026/2010). Quest’ultimo tema delle società di persone è riconfermato dalla sentenza segnalata in apertura, la quale afferma che «dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese ha effetto costitutivo ed estingue anche la società di persone, quando non sia stata provata la continuazione dell’operatività sociale dopo la cancellazione della società – peraltro per le cancellazioni anteriori a tale provvedimento, con decorrenza dal l° gennaio 2004 – sebbene non tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo siano stati definiti».

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Indennità di fine rapporto in Germania

Il sistema dell’indennità di fine rapporto in Germania è stato utilizzato dal legislatore comunitario come esempio per la regolamentazione di uno dei modelli opzionali offerti agli stati membri per la disciplina di tale indennità. La maggior parte degli stati europei, tra cui l’Italia, hanno proprio adottato tale opzione di regolamentazione, pertanto le legislazioni dei due stati (Italia e Germania) ora si sono – sotto tale profilo – notevolmente avvicinate. Tuttavia il sistema tedesco più datato nel tempo e quindi “di maggiore esperienza” e raffinato da copiosa giurisprudenza ha portato a risultati secondo cui mediamente l’indennità riconosciuta secondo il diritto tedesco è maggiore di quella riconosciuta dai giudici italiani. Qualora al rapporto con agenti tedeschi (vedi anche “Il contratto di agenzia in Germania“) sia applicabile la legge tedesca diventa rilevante per l’imprenditore italiano conoscere, sin dal momento di costituzione del rapporto, la specifica regolamentazione di tale indennità prevista ai sensi del § 89b HGB (codice di commercio tedesco).

L’agente in Germania ha un diritto inderogabile a percepire un’indennità di fine rapporto rapporto con la ditta preponente. Ciò vuol dire che le parti, solo una volta concluso il rapporto tra di loro, possono accordarsi sull’indennità ed eventualmente ridurla anche a sfavore dell’agente, ma non prima della conclusione del rapporto, pena l’invalidità della clausola (§ 89b, comma 4 HGB). Solo in alcuni casi – previsti tassativamente (§ 89b, comma 3 HGB) – è possibile escludere tale indennità: in caso di recesso dell’agente senza giustificato motivo, in caso di recesso del preponente per gravi motivi costituiti da comportamenti colpevoli dell’agente ed in caso di subentro di un terzo nel rapporto contrattuale, concordato tra le parti.

Parametri per l’indennità in Germania

Il diritto all’indennità sorge alla presenza congiunta di tre requisiti (parametri dell’indennità): 1. Il preponente può trarre notevoli vantaggi in seguito alla cessazione del rapporto di agenzia dai nuovi clienti acquisiti dall’agente. All’acquisizione di un nuovo cliente è equiparato il notevole ampliamento del giro di affari con i clienti del preponente già esistenti al momento di costituzione del rapporto di agenzia. 2) La perdita di provvigioni che sarebbero spettate all’agente qualora il rapporto fosse continuato. 3) L’equità in base a tutte le circostanze del caso concreto nella quantificazione della indennità. È pertanto di particolare importanza per verificare ex post se il preponente possa o meno profittare di quanto procuratogli dall’agente che, già al momento di costituzione del rapporto di agenzia, l’imprenditore consegni una lista dettagliata del proprio portafoglio clienti, in cui siano individuabili non solo i clienti del preponente (in modo da poter più semplicemente individuare ex post quelli nuovi acquisiti dall’agente), ma anche i singoli giri di affari per ogni cliente nella zona di riferimento (per permettere ex post una più semplice valutazione del notevole ampliamento del giro di affari riconducibile all’agente).

Calcolo dell’indennità in Germania

Nel calcolo dell’indennità di fine rapporto i giudici tedeschi valutano in primis i vantaggi (in termini di clientela) riconducibili all’agente e poi l’importo delle perdite delle provvigioni subite dall’agente con la conclusione del rapporto di agenzia. Essi prendono, poi, come riferimento l’importo minore cosi evidenziato e lo sottopongono al correttivo dell’equità, in base alle circostanze del caso concreto. Circostanze che possono influire in tal senso sono per esempio: l’esistenza di obblighi di non concorrenza post contrattuale, i motivi di conclusione del rapporto di agenzia, la partecipazione dell’agente alle spese ecc. L’importo così calcolato viene poi rapportato al tetto massimo,  previsto dalla legislazione tedesca, di indennità riconoscibile ad un agente. Ai sensi del § 89b, comma 2 HGB “Il tetto massimo di tale indennità sarà pari alla provvigione di un anno, calcolata sulla media delle provvigioni percepite dall’agente negli ultimi cinque anni”. In caso di rapporto contrattuale di più breve durata si farà riferimento alla media delle provvigioni realizzate nel periodo inferiore. Se l’importo calcolato risulta superiore al tetto massimo viene ovviamente ridotto alla misura del tetto massimo, se invece l’importo calcolato risulta inferiore al tetto massimo, sarà quest’ultimo valore più basso ad essere preso in considerazione.

Prescrizione dell’indennità in Germania

Infine occorre sapere che, spettando all’agente far valere il proprio diritto all’indennità, la legge tedesca concede a quest’ultimo un termine di decadenza (§ 89b, comma 4, frase II HGB) di un anno dalla cessazione del rapporto. A tal fine è sufficiente una semplice dichiarazione scritta dell’agente rivolta al preponente che, per ragioni probatorie, dovrà essere inoltrata con un metodo tale da poter dimostrare l’avvenuto ricevimento della stessa. Permane tuttavia il termine di prescrizione di tre anni per poter far valere giudizialmente le proprie pretese. Tale termine di prescrizione può però essere derogato (e quindi accorciato nell’interesse dell’imprenditore) per contratto.

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