Opponibilità della data certa del documento informatico nel giudizio di opposizione allo stato passivo: l’onere della prova spetta al curatore

Il tribunale di Rovigo respinge l’opposizione allo stato passivo del fallimento, ritenendo che il requisito della data certa difettasse in quanto quest’ultima risultava dalla marca temporale apposta in sede di digitalizzazione dalla società certificatrice, ai sensi dell’art. 1 cod. amm. digitale (D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82), ma la creditrice opponente non aveva dimostrato il rispetto, da parte della suddetta società, delle regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme digitali, validazione temporale del documento informatico, formazione e conservazione del medesimo. La Banca, la cui ammissione del credito è stata esclusa in ragione della suddetta decisione, propone ricorso per Cassazione di cui alla seguente pronuncia.

La Suprema Corte accoglie il ricorso della creditrice (Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza n. 12939 del 23.05.17) motivando che, sebbene la data e l’ora del documento informatico siano opponibili ai terzi solo “se apposte in conformità alle regole tecniche sulla validazione temporale” (l’art. 20, comma 3, cod. amm. Digitale), è anche vero che l’accreditamento e la conseguente iscrizione della società certificatrice nell’apposito elenco pubblico tenuto dal CNIPA, comporta necessariamente una presunzione di conformità della sua attività a dette regole. Da questo discende il principio affermato dalla Cassazione nella presente pronuncia ovvero che é onere del curatore fallimentare, quale parte che ha interesse a negare la certezza della data del documento informatico nel giudizio di opposizione allo stato passivo, provare ed allegare che la certificazione non sia avvenuta nel rispetto delle regole tecniche in quanto la società certificatrice non le ha rispettate. E tale allegazione in fatto non può essere effettuata per la prima volta nel giudizio di rinvio. La Corte precisa, inoltre, che quanto affermato non si pone in contrasto con il principio della rilevabilità di ufficio del difetto di data certa dei documenti prodotti dal creditore per dare prova del proprio credito insinuato al passivo fallimentare, in quanto nel caso in esame “l’atto attributivo di certezza alla data non difetta: esso esiste, mentre è in discussione la sua veridicità, sulla quale incide la presunzione di cui si è detto sopra”.