Il sequestro di conti correnti esteri ai sensi del Regolamento Europeo Nr. 655/2014: prime esperienze

Il Regolamento europeo sull’ordinanza europea di sequestro conservativo di conti bancari (OESC) è entrato in vigore dal 18.01.2017 in tutti gli stati dell’Unione europea ad eccezione del Regno Unito e della Danimarca. Tale normativa era attesa in particolare perché avrebbe dovuto dare la possibilità in casi di diritto transfrontaliero, come per esempio il recupero di un credito presso un debitore straniero residente in uno degli stati membri, di aggredire e bloccare il conto corrente di un debitore straniero. L’innovazione consiste essenzialmente nel superamento del limite territoriale del forum executionis, in quanto tale ordinanza può essere adottata da un Tribunale di uno degli stati dell’Unione con efficacia in un altro Stato dell’Unione. In realtà non si tratta di un vero e proprio pignoramento del conto, come viene impropriamente pubblicizzato, ma di un semplice blocco dello stesso nelle forme di una misura cautelare a carattere provvisorio [nel diritto tedesco la disciplina di riferimento per tale misura sono i §§ 946 e ss del codice di procedura tedesco (=ZPO)].

Si tratta quindi di una misura cautelare che si affianca a quelle nazionali già presenti con il carattere della facoltatività e alternatività rispetto ad esse, nonché a carattere speciale rispetto ai sequestri conservativi nazionali visto l’applicazione specifica per i casi transfrontalieri. Per individuare il giudice competente ad emettere tale ordinanza occorre distinguere due ipotesi: 1) il caso in cui si disponga già di un titolo esecutivo: nel qual caso competente ad emettere l’ordinanza è lo stesso giudice che ha emesso il titolo; 2) il caso in cui ancora non si sia in possesso di un titolo esecutivo: nel qual caso competente ad emettere l’OESC è il giudice che sarebbe competente per la causa di merito sulla base dei criteri generali della competenza ai sensi dei Reg. EU num. 1215/2012 e num. 4/2009. Nel caso di consumatore, vale come sempre il foro esclusivo dello stesso. Tutto chiaro sulla carta, tuttavia difficile da convertire nella pratica. Se è vero, infatti che l’OESC ha efficacia immediatamente esecutiva all’estero nei paesi dell’Unione senza che sia necessaria una corrispondente dichiarazione di esecutività, è vero altresì che la corrispondente esecuzione segue le normative nazionali e sottostà all’iniziativa individuale del creditore. Qualora ad emanare tale ordinanza sia il giudice tedesco, sarà il creditore che dovrà attivarsi per farla valere nel diverso stato dell’Unione in cui si trova il conto corrente da bloccare e in loco seguirà la normativa nazionale del luogo di ubicazione del conto da sequestrare. A fronte di tali passaggi procedurali si ha una disciplina di termini di azione così serrata da essere di difficile applicazione. In primo luogo se non si ha un titolo esecutivo e si richiede un’OESC occorre che il creditore avvii la procedura principale di merito entro un termine di 30 gg da quando è stata depositata la domanda di sequestro conservativo o entro 14 gg dall’emissione dell’ordinanza se questa data è posteriore. Pertanto una simile misura ha senso – in caso di assenza di un titolo – solo se si intende tempestivamente agire  nel merito della causa. L’ordinanza, poi, deve essere notificata al debitore entro tre giorni lavorativi da parte dei soggetti che siano responsabili dell’avvio della notifica (autorità giudiziaria o creditori) così anche la dichiarazione di terzo (banca sede del conto sequestrato) ricevuta. Il che significa in Germania, per esempio, che l’autorità giudiziaria, che è organo responsabile dell’avvio della notifica, deve entro tre giorni lavorativi provvedere alla notifica dell’OESC o della dichiarazione della banca, magari a soggetto debitore straniero residente all’estero. Tale termine appare di difficile realizzazione. Serrato è anche il termine (entro tre giorni lavorativi dalla ricezione) in cui il creditore, una volta ricevuta la dichiarazione della banca e verificato che gli importi sequestrati siano superiori a quanto richiesto ex OESC, è obbligato a richiedere il dissequestro degli importi sequestrati eccedenti gli importi fissati nell’ordinanza pena eventuali conseguenze di risarcimento danni. Questi solo una serie di esempi da cui trapela la difficoltà di tradurre nella pratica operativa i contenuti del nuovo regolamento europeo.

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Termini per il riesame di un’ingiunzione di pagamento europea (IPE)

Intendiamo segnalare una recente pronuncia della Corte di cassazione italiana (Cass. Civ. Sezioni Unite n. 7075/17) sul procedimento di riesame di una ingiunzione di pagamento europea. Come noto i creditori che intendano recuperare il proprio credito sofferente nei confronti di un partner commerciale straniero, di residenza EU, si possono avvalere – alternativamente e a seconda dei casi – sia degli strumenti nazionali  di recupero del credito (procedimenti monitori nazionali con successivo riconoscimento immediato del titolo) sia degli strumenti comunitari (IPE) ai sensi del Reg. CE n. 1896/2006, con le modifiche di cui al Reg. EU n. 2015/2421 in vigore a partire dal luglio di quest’anno. Quando un debitore riceve un’ingiunzione di pagamento europea ha oltre alla possibilità dell’opposizione ordinaria al provvedimento (Art. 16), anche la possibilità ai sensi dell’Art. 20 del suddetto Regolamento istitutivo di richiederne il riesame in circostanze eccezionali ivi descritte.

Tuttavia, mentre per l’ipotesi dell’opposizione ordinaria il legislatore comunitario ha previsto un termine esplicito di 30gg dal momento in cui l’ingiunzione è stata notificata, per il diverso procedimento di riesame nessun termine specifico viene indicato, ma viene usata unicamente la dizione che il convenuto “agisca tempestivamente”. Ma attenzione l’interpretazione relativa al termine del riesame – osserva correttamente la Corte di Cassazione – deve essere fatta unitariamente e internamente al Regolamento. Per verificare quindi quale termine sia da applicare all’ipotesi del riesame occorre riferirsi in primis all’Art 26 del Regolamento istitutivo che prevede che “tutte le questioni procedurali non trattate specificamente dal presente regolamento sono disciplinate dal diritto nazionale”, vale a dire dalla lex fori in cui il procedimento di riesame viene incardinato. Nell’ipotesi trattata dalla Corte di Cassazione italiana quindi, la legge processuale italiana. Il Regolamento con tale norma ha detto un vero e proprio divieto di far ricorso ad altri ceiteri di interpretazione sistematica, estensiva o analogica. “Il principio che il Regolamento esprime è che in tutte le ipotesi in cui una questione inerente il processo non sia trattata specificamente nel regolamento, cioè espressamente regolata da una norma di esso, la disciplina deve ricercarsi nel diritto nazionale”. A fortiori l’Art. 29 del Regolamento affida agli Stati membri la regolazione del procedimento di riesame, quindi la questione dei termini del riesame, essendo evidentemente questione di rito deve essere risolta applicando la normativa processuale italiana. Lo Stato italiano ha comunicato alla Commissione europea che il giudice italiano competente per le questioni di riesame di un’IPE è lo stesso giudice che ha emesso l’ingiunzione, ai sensi dell’Art. 650 cpc, e che anche il relativo procedimento applicabile al riesame sia quello dell’Art. 650 cpc. Quindi è ai termini previsti da tale articolo che occorre guardare per la proposizione tempestiva di un riesame dell’IPE in Italia, vale a dire ai termini previsti dall’ordinamento italiano per l’opposizione tempestiva al decreto ingiuntivo (richiamo all’Art. 641 cpc) quando non sia iniziata l’esecuzione, ed in quello di cui al terzo comma dell’Art 650 (“fino a 10 gg dal primo atto di esecuzione”) quando l’esecuzione sia già iniziata, qualificandosi tale ultimo termine come il “termine finale” per poter presentare il riesame. Oltre a questo importante chiarimento interpretativo gli Ermellini prendono posizione anche su un’eventuale menomazione del diritto alla difesa per il convenuto in Italia – come paventato dalle tesi difensive della società ricorrente. La Corte, invece, osserva che “l’istituto del riesame è costruito dal legislatore comunitario come un rimedio che ha natura meramente rescindente” e quindi che comporta la nullità dell’IPE “sulla base del solo riconoscimento da parte del giudice dell’esistenza di una situazione che legittimi il riesame”, quindi il contenuto delle difese di chi voglia proporre un riesame è limitato alla sola deduzione della situazione legittimante il riesame ai sensi dell’Art. 20 del Regolamento a differenza invece delle ben più ampie deduzioni difensive cui è tenuto un’opponente ad un decreto ingiuntivo nazionale. A detta della Corte pertanto “Il diritto di difesa non subisce la benchè minima menomazione”.

La clausola di scelta del foro e la litispendenza internazionale

Di regola nella redazione di contratti internazionali si vuole inserire una clausola di scelta del foro, affinchè le parti contrattuali possano determinare in anticipo quale giudice sarà competente a decidere eventuali future controversie. Tale clausola viene prevista non solo nei casi di vendita internazionale di beni ma anche nei casi in cui si preveda l’esercizio di una prestazione di servizi in uno stato straniero (tipico è il caso del contratto di agenzia). È opportuno – di solito – consigliare agli operatori economici l’introduzione di una simile clausola nei rapporti con un partner straniero europeo per garantire prevedibilità e sicurezza ai rapporti giuridici e per evitare che operino – in caso di controversia – le norme generali di attribuzione del foro (e della legge applicabile) previste dalla specifica normativa europea. Per maggiore sicurezza il foro individuato come competente viene qualificato come esclusivo, automaticamente arginando, per volontà tra le parti, la possibilità di individuare un diverso giudice competente in base ad un qualunque altro criterio di collegamento.

Ciascun contraente vorrebbe applicare al rapporto giuridico con il proprio partner straniero, sia la propria legge – quella a lui ben nota – sia attribuire la competenza in caso di controversie ai propri giudici nazionali. Tuttavia siccome per poter essere efficace la clausola del foro dovrà essere validamente stipulata tra le parti spesso si verificava che la controparte contrattuale straniera, che magari aveva accettato la clausola in ragione della diversa forza contrattuale delle parti, decideva lo stesso di agire presso un altro giudice (quello proprio) omettendo di menzionare l’esistenza di una clausola di scelta del foro. In questo modo la parte contrattuale che per prima ricorreva al giudice (criterio temporale) intanto bloccava la causa presso il giudice adito. Infatti in passato in base alla normativa europea (Art. 27 Reg. CE 44/2001) si prevedeva che: “Qualora davanti a giudici di Stati membri differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto ed il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende di ufficio il procedimento finchè sia stata accertata la competenza del giudice adito in precedenza”. La logica perseguita dalla normativa europea e ben spiegata nei “considerando” del regolamento menzionato era quella di garantire “il funzionamento armonioso della giustizia” in modo che “si riduca al minimo la possibilità di pendenza di procedimenti paralleli e che vengano emesse, in due Stati membri, decisioni tra loro incompatibili”. Ora siccome nel corso del tempo si è dato luogo ad abusi di tale norma -proprio in particolare per paesi quali l’Italia, dove notoriamente il corso della giustizia civile è estremamente lento per cui parti contrattuale italiane adivano in primis i propri giudici “insabbiando” per così dire il procedimento – il legislatore comunitario è corso ai ripari. Ai sensi pertanto del nuovo Reg. Eu 1215/2012 ormai in vigore, si è introdotta una deroga a tale regola di prevenzione temporale, richiamando l’art. 31, paragrafo 2 dello stesso regolamento. In particolare si prevede ora che qualora l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro al quale una clausola di competenza esclusiva del foro attribuisca i poteri di dirimere la controversia sia adita successivamente, questa non deve rimettere la causa all’autorità giurisdizionale precedente, ma sarà quest’ultima a dover sospendere il procedimento, operando così una deroga alla priorità temporale. Attenzione, tuttavia, che tale deroga cessa di essere operante in alcuni casi: 1) chiaramente quando ad essere adita per prima sia proprio l’autorità giurisdizionale cui è attribuita giurisdizione esclusiva da valida clausola o 2) quando le parti contrattuali hanno stipulato clausole di scelta esclusiva del foro confliggenti tra loro e 3) quando il giudice indicato della clausola di scelta esclusiva del foro accerti che tale clausola sia invalida o inefficace; in tutti tali casi ritornerà ad applicarsi il principio della prevenzione temporale. Sempre di più, quindi, assume rilevanza nella redazione di contratti internazionali prestare attenzione alle singole clausole scelte tra le parti.

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Ordinanza europea di sequestro conservativo sui conti bancari

Un nuovo passo in avanti nella cooperazione giudiziaria all´intero dell’Unione europea è stato attuato con il regolamento n. 655/2014 che entrerà in vigore per gli stati membri (con esclusione dell’Inghilterra, Irlanda e Danimarca) dal 18 gennaio 2017.

Il regolamento introduce una procedura che consente al creditore di ottenere un’ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari del debitore con l’obiettivo di rendere più efficace il recupero transnazionale di crediti in materia civile e commerciale. Dall’ambito di applicazione del regolamento sono esplicitamente esclusi i crediti vantanti nei confronti di un debitore laddove sia stata aperta una procedura di insolvenza. Il considerando 7 spiega in modo piuttosto chiaro il nuovo strumento messo a disposizione del creditore: Un   creditore   dovrebbe   poter   ottenere   una   misura   cautelare   sotto   forma   di   ordinanza   europea   di   sequestro   conservativo  su  conti  bancari  («ordinanza  di  sequestro  conservativo»  o  «ordinanza»)  per  evitare  il  prelievo  o  il  trasferimento  di  somme  detenute  dal  debitore  in  un  conto  bancario  tenuto  in  uno  Stato  membro  se  sussiste  il  rischio  che,  senza  tale  misura,  la  successiva  esecuzione  del  credito  vantato  nei  confronti  del  debitore  sia  impedita  o  resa  assai  più  difficile.  Il sequestro conservativo di somme detenute  nel  conto  bancario  del  debitore  dovrebbe  avere  l’effetto   di   impedirne   l’utilizzo   non   solo   da   parte   del   debitore   stesso,   ma   anche   da   parte   delle   persone   dal   medesimo  autorizzate,  ad  effettuare  pagamenti  mediante  tale  conto,  ad  esempio  mediante  ordine  permanente  o  ordini  di  addebito  diretto  o  l’utilizzo  di  una  carta  di  credito. Attraverso l’introduzione di una tale misura cautelare, diminuisce sensibilmente il rischio per il creditore di un’infruttuosa esecuzione nei confronti del debitore. La domanda di ordinanza può essere avanzata solamente laddove si tratti di casi transazionali ai sensi dell´art. 3 del regolamento ovvero se  il  conto  bancario  o  i  conti  bancari  su  cui  si  intende  effettuare  il  sequestro  mediante  l’ordinanza  di  sequestro  conservativo  sono  tenuti  in  uno  Stato  membro,  che  non  sia lo  Stato  membro  dell’autorità  giudiziaria  presso  cui  è  stata  presentata  la  domanda  di  ordinanza  di  sequestro  conservativo, o lo  Stato  membro  in  cui  il  creditore  è  domiciliato.

Condizione per il rilascio dell’ordinanza di sequestro conservativo è la presentazione da parte del creditore di prove sufficienti per convincere l’autorità giudiziaria dell’urgente necessità di una tale misura cautelare nella misura in cui sussista il rischio concreto che la successiva esecuzione del credito vantato dal creditore nei confronti del debitore sia compromessa. La domanda di ordinanza verrà presentata utilizzando un apposito modulo con le indicazioni previste dall’art. 8 del regolamento. L’ordinanza emessa in conformità al regolamento e su apposito modello avrà immediata efficacia negli altri stati membri senza che sia necessaria un’ulteriore dichiarazione di esecutività. Al fine di rendere efficace l’attuazione del regolamento, ogni Stato membro è chiamato a designare un’Autorità competente a rilasciare le informazioni necessarie per l´identificazione del conto bancario del debitore.

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I nuovi strumenti di finanziamento delle imprese previsti dal Governo italiano

Con il DL. Num. 59/2016 ora convertito in legge (L.119/2016) – come abbiamo avuto modo in altro blog di informare (vedi Nuovi strumenti per la gestione dei crediti in sofferenza) – si introducono nel diritto italiano due nuovi contratti di garanzia a favore delle imprese: il pegno mobiliare non possessorio e il patto marciano. Scopo di tale intervento legislativo è concedere ulteriori canali di finanziamento alle imprese senza bloccare la loro operatività. Questi nuovi strumenti di garanzia creati dal legislatore italiano offrono nuove possibilità di tutela delle proprie pretese anche ai creditori stranieri nei confronti dei propri partner commerciali italiani.

Vediamo quindi di focalizzare nel concreto i caratteri del primo di questi istituti:

Il pegno mobiliare non possessorio.

Tale pegno ha carattere speciale rispetto al pegno disciplinato nel codice civile italiano perché potrà essere costituito unicamente da parte d’imprenditori, iscritti nel registro delle imprese (limite soggettivo) e solo su alcuni tipi di beni, quelli “inerenti all’esercizio dell’attività di impresa” (limite oggettivo), quindi non su beni personali dell’imprenditore o relativi ad una impresa diversa da quella nei cui confronti si vanti il credito. Caratteristica peculiare di questo nuovo istituto è la mancanza di spossessamento del bene. A differenza di quanto contraddistingue il pegno ordinario per cui il creditore è garantito proprio dal fatto di avere il possesso del bene mobile, in tale nuovo istituto il creditore è garantito dal meccanismo della pubblicità legale del pegno non possessorio. Infatti nel caso in cui si voglia costituire un tale pegno occorrono non solo dei requisiti formali stringenti (quali il contratto scritto tra le parti previsto a pena di nullità e l’indicazione specifica dei soggetti coinvolti, dei beni dati in garanzia, del credito garantito e dell’importo massimo garantito), ma occorre l’iscrizione di tale pegno in un registro telematico tenuto presso l’Agenzia delle Entrate e denominato “Registro dei pegni non possessori”. È solo con tale iscrizione che viene ad esistenza il pegno non possessorio (efficacia costitutiva della pubblicità legale) e se ne determina il grado e l’opponibilità ai terzi. In altri termini anche se sono possibili più pegni non possessori sullo stesso bene, deve essere presa come riferimento, quanto meno ai fini dell’opponibilità, la data della prima iscrizione. Ciò vale anche in caso di sentenza dichiarativa di fallimento del debitore, per cui il creditore garantito da pegno non possessorio iscritto in data anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento non solo potrà essere opposto al fallimento stesso, ma gode all’interno della procedura di una posizione particolarmente privilegiata. Tale creditore, infatti, avrà la possibilità di liquidare in via stragiudiziale autonoma (nonostante la pendenza della procedura fallimentare) con il solo limite di aver insinuato precedentemente il proprio credito nel passivo fallimentare e di essere stato ammesso al passivo con prelazione.

Rimane tuttavia un’attività di monitoraggio del curatore sulle attività di liquidazione del bene garantito da pegno non possessorio nonché la possibilità che anche tale garanzia possa essere colpita da azioni revocatorie ai sensi degli artt. 66 e 67 della legge fallimentare.

La garanzia del pegno non possessorio presenta, poi, tutta una serie di vantaggi che la rendono attraente per il creditore che se ne intenda avvalere, in particolare, la cd. rotatività  dei beni oggetto della garanzia non possessoria, dei quali anche in presenza del vincolo di garanzia si potrà disporre. Quindi in via generale e tranne nel caso in cui le parti contrattualmente lo escludano, il pegno non possessorio si potrà trasferire anche al corrispettivo della cessione del bene gravato o al bene sostitutivo acquistato con tale corrispettivo o se trasformato in altro prodotto, sul risultato di tale trasformazione. Il bene oggetto di pegno non possessorio potrà anche essere locato, con il vantaggio dell’imputazione dei canoni di affitto al soddisfacimento del credito garantito. In ogni caso attenzione è dovuta perché l’iscrizione di pegno non possessorio ha durata di soli 10 anni (seppure rinnovabile) e le modalitá di registrazione allo stato attuale non sono ancora state precipuamente disciplinate. Quindi uno strumento di garanzia del credito interessante sotto diversi profili tutte le volte in cui sussista un interesse della prosecuzione dell’attività economica del proprio partner commerciale.

Lo studio legale A & R Avvocati Rechtsanwälte Vi assiste nella valutazione di possibilità e opportunità di costituzione di garanzie a tutela dei Vostri crediti anche alla luce delle costanti novità normative.

Anche sentenze contumaciali sono suscettibili di certificazione come titoli esecutivi europei e pertanto eseguibili direttamente nei paesi EU

La Corte di giustizia europea si è pronunciata di recente su una questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Bologna per chiarire in modo inequivocabile che una sentenza contumaciale può essere certificata come titolo esecutivo europeo ai sensi del Regolamento CE 85/2004 e come tale direttamente eseguita all’estero perché rientrante nelle ipotesi di “crediti non contestati” come qualificati all’interno del regolamento europeo. Ciò avviene anche qualora il diritto nazionale della pronuncia – come nel caso di specie il diritto italiano – non attribuisca alla condanna contumaciale valenza di non contestazione del credito.

La pregiudiziale era stata sollevata dal Tribunale di Bologna il quale, richiesto di rilasciare la certificazione di titolo esecutivo europeo su una sentenza di condanna resa in contumacia della controparte, si chiedeva se l’assenza dal processo della parte creditrice dovesse essere valutata alla stregua del diritto italiano (quindi denegando la valenza di mancata contestazione) o secondo il diritto europeo che la qualifica come situazione di non contestazione (semprechè siano state osservate tutte le garanzie sufficienti del rispetto del diritto di difesa – vedi anche “Nuovo Regolamento Europeo sulla competenza giurisdizionale, riconoscimento e esecuzione delle decisioni“). Nella sentenza C-511/14 – 16 giugno 2016 – Pebros Servizi srl c. Aston Martin –sulla corretta interpretazione del Reg. CE 805/2004 sul Titolo Esecutivo UE per crediti non contestati la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito, nella sua funzione di ente deputato all’applicazione uniforme del diritto europeo e garante del principio di eguaglianza tra gli Stati membri, che i “crediti non contestati” devono essere determinati in modo autonomo, sulla base di questo solo regolamento. Nello specifico ha ribadito – come da sua giurisprudenza costante – che tutte le volte in cui “i termini di una disposizione del diritto dell’Unione non contengano alcun espresso richiamo al diritto degli stati membri ai fini della determinazione del suo senso e della sua portata, devono essere oggetto nell’intera Unione Europea di un’interpretazione autonoma ed uniforme da effettuarsi secondo il contesto della disposizione e delle finalità perseguite dalla normativa in questione”. Il regolamento CE rinvia sì alle norme procedurali nazionali, ma solo in relazione alle modalità procedurali ed ai termini di cui può servirsi la parte debitrice per opporsi efficacemente al credito. Qualora queste modalità non siano state seguite o i termini siano inutilmente decorsi e purché siano osservate le garanzie minime del diritto alla difesa, la mancata partecipazione al giudizio di parte creditrice è da valutarsi come non contestazione. Nella pronuncia in oggetto, inoltre, appare rilevante anche un chiarimento interpretativo della Corte di giustizia europea sull’attività stessa di certificazione di una sentenza come titolo esecutivo compiuta dai Tribunali richiesti. Tale attività non è da considerarsi come “un procedimento puramente amministrativo o di volontaria giurisdizione” – così in obiezione il Governo italiano, bensì come un “esame giurisdizionale delle condizioni previste dal regolamento CE 805/2004 al fine di valutare se siano state osservate le norme minime volte a garantire il rispetto dei diritti di difesa del debitore”. Quindi è auspicabile che i giudici risultino sensibilizzati da tale pronuncia della Corte europea e valutino la richiesta di certificazione di titoli quali TEE come un’attività di seria certificazione delle decisioni giudiziarie che si vogliano far valere esecutivamente all’estero, garantendo il controllo della regolarità del procedimento giudiziario che ha condotto alla sentenza tramite verifica di tutti gli elementi elencati nell’Allegato I al regolamento CE idoneo per tale certificazione.

Lo studio A & R Avvocati Rechtsanwälte Vi supporta sia nella fase di richiesta presso i tribunali italiani di apposita certificazione di titolo esecutivo europeo per sentenze ottenute nei confronti di soggetti residenti in uno degli stati membri (in particolare in Germania) sia anche per la parallela attività di verifica di tali certificazioni ottenute in Germania nei Vostri confronti.

Nuovi strumenti per la gestione dei crediti in sofferenza

Il decreto legge 59/2016 pubblicato in gazzetta ufficiale il 3 maggio 2016 introduce degli importanti strumenti per le banche e per le imprese al fine di agevolare ed accelerare il recupero dei crediti. Qui di seguito alcune delle più importanti novità:

 

1. Pegno non possessorio

L’imprenditore a garanzia dei crediti potrà concedere in pegno un bene mobile destinato all’esercizio dell’impresa (con esclusione dei beni mobili registrati). Tale bene non dovrà essere consegnato al creditore, potendo continuare ad essere utilizzato nel processo produttivo. Il pegno non possessorio si costituisce con l’iscrizione nel registro dei pegni non possessori istituito presso l’Agenzia delle Entrate (vedi anche – I nuovi strumenti di finanziamento delle imprese previsti dal Governo italiano).

 

2. Trasferimento del bene alla banca in caso di inadempimento delle rate mutuo

La più rilevante novità del decreto coinvolge i contratti di finanziamento tra imprenditori e banche laddove viene introdotta la possibilità di trasferimento all’istituto di credito dell’immobile posto a garanzia di un finanziamento in caso di inadempimento dell’imprenditore. Per inadempimento del debitore s’intende il mancato pagamento di tre rate – anche non consecutive – per un periodo superiore a sei mesi ed in ogni caso il mancato pagamento che si protrae per oltre sei mesi dalla scadenza anche di una sola rata. L’applicazione del patto marciano rimane esclusa solamente in relazione ad immobili adibiti ad abitazione principale del debitore, del coniuge, dei suoi parenti ed affini entro il terzo grado. Il pignoramento dell’immobile da parte della banca non sarà automatico. Il valore di cessione del bene viene determinato da un perito nominato dal presidente del Tribunale del luogo nel quale si trova l’immobile. Nel caso in cui il valore del bene al momento della cessione sia superiore al debito residuo, il creditore deve corrispondere al debitore la differenza tra i due valori. Invece in caso contrario ovvero nel quale il valore del bene sia inferiore al debito residuo, il debitore nulla dovrà corrispondere al creditore. La nuova norma potrà anche essere inserita nei contratti di finanziamento in essere con una rinegoziazione degli stessi.

 

3. Registro procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure di insolvenza e di ristrutturazioni aziendali

Viene istituto presso il Ministero della giustizia un registro digitale delle procedure esecutive immobiliari, procedure di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi. Tale registro sarà accessibile dalla Banca d’Italia al fine di esercitare le sue funzioni di vigilanza ma anche con alcune limitazioni dai creditori interessati alla singola procedura.

4. Disposizioni in materia di espropriazione forzata

Altra novità rilevante è la delimitazione del numero delle aste nella procedura di vendita forzata. L’immobile non potrà essere messo all’asta per più di tre volte. In caso di mancata vendita dell’immobile pignorato entro il terzo tentativo di vendita, la procedura esecutiva verrà chiusa e il bene tornerà di proprietà del debitore. Solo nel caso in cui la terza asta sia stata disertata, potrà essere effettuato una quarto esperimento di vendita. Il decreto modifica inoltra il contenuto dell’atto di pignoramento che dovrà indicare un ulteriore avvertimento relativo all’inammissibilità dell’opposizione se proposta dopo che sia stata disposta la vendita o l’assegnazione. Inoltre viene introdotta una modifica del secondo comma dell’art. 648 c.p.c. con riferimento alla concessione dell’esecutività del decreto ingiuntivo opposto per le somme non contestate

5. Modifiche alla legge fallimentare

Il decreto introduce la possibilità di utilizzare le tecnologie telematiche per le udienze e per le adunanze dei creditori. Inoltre viene prevista la possibilità di revoca per giusta causa del curatore fallimentare che non rispetti l’obbligo di presentazione di un progetto di riparto delle somme disponibili nel termine di quattro mesi a decorrere dalla data di emissione del decreto di esecutività dello stato passivo.

Lo studio legale A & R Avvocati Rechtsanwälte con sede a Monaco di Baviera, Milano e Padova Vi assiste nella scelta delle modalità migliori e più adeguate alle Vostre esigenze imprenditoriali per il recupero del Vostro credito e Vi affianca con una consulenza competente e completa in tutte le fasi della procedura: stragiudiziale e giudiziale.

Il valore dell’insinuazione al passivo fallimentare dopo la conclusione del fallimento nel diritto tedesco

Una domanda che spesso ci viene posta dai nostri mandanti è se e perché insinuare in un fallimento in Germania quando le prospettive delle quote di ripartizione della massa fallimentare appaiono ridotte. Cosa succede una volta che la procedura concorsuale è terminata e che cosa rimane in mano al creditore concorsuale a parte la moneta fallimentare.

Al di là dell’interesse al recupero almeno parziale delle somme dovute da parte di un debitore insolvente, la procedura concorsuale tedesca prevede delle disposizioni che potrebbero – in determinate circostanze – essere interessanti per il creditore italiano (vedi anche “Procedura esecutiva in caso di apertura di fallimento in Germania“). Il creditore concorsuale, infatti, il cui credito sia stato accertato in corso di fallimento e non sia stato oggetto di opposizione da parte del fallito, potrà richiedere una volta chiusa la procedura tramite Aufhebungsbeschluss una copia in forma esecutiva dell’estratto dell’Elenco dei creditori (=vollstreckbare Ausfertigung des Tabellenauszugs) per far valere i propri crediti residui contro il debitore. Tale estratto ha valore di titolo esecutivo a tutti gli effetti ed è utilizzabile nei confronti del debitore. I precedenti titoli esecutivi acquisiti nei confronti del debitore, prima dell’apertura del procedimento fallimentare, non hanno più valore e una volta presentati a sostegno della propria insinuazione vengono, per così dire annullati e non possono più essere utilizzati nei confronti del debitore. Qualora per errore non venissero invalidati ed il creditore cercasse dopo la procedura concorsuale di farli valere, incontrerebbe la sicura opposizione del debitore eseguito. Quindi dopo la procedura fallimentare solo l’estratto dell’Elenco dei creditori in forma esecutiva, alle condizioni di cui sopra, può essere usato come titolo esecutivo per i crediti residui. Ciò ha rilevanza nei confronti del debitore persona fisica ma solo dopo il decorso del cd. Wohlverhaltensperiode (=periodo di buona condotta successivo alla chiusura del fallimento della durata di 3 o 5 anni) in cui perdura il divieto di azioni esecutive individuali. E successivamente solo qualora non sia concessa l’esdebitazione finale. Particolarmente rilevante è la possibilità di eseguire sul patrimonio del fallito dopo la procedura concorsuale per alcuni crediti particolari, per i quali eccezionalmente ciò è previsto dalla legge fallimentare. Si tratta dei crediti da atti illeciti dolosi, che ai sensi del § 302, comma I, num. 1 della Legge Fallimentare tedesca sono esclusi dalla esdebitazione purchè siano stati insinuati esplicitamente come tali. Sotto tale profilo occorre particolare attenzione proprio in fase di insinuazione. Lo studio A & R Avvocati Rechtsanwälte, in base all’esperienza acquisita in materia fallimentare, è in grado di assistervi al meglio già in tale fase di insinuazione permettendovi – laddove la natura del credito lo consenta – di riservarvi questa possibilità ulteriore di soddisfazione del credito.

Nei confronti dei debitori società di capitali la possibilità di eseguire sul loro patrimonio una volta cessata la procedura è praticamente nulla considerato che le persone giuridiche, il cui patrimonio sia stato interamente liquidato, non hanno più ragione di esistere e vengono cancellate d’ufficio dal registro delle imprese decretandone la definitiva cessazione. Anche nei confronti dei debitori che abbiano la forma giuridica di società di persone la possibilità di eseguire dopo la procedura fallimentare è esigua considerando che con l’apertura del fallimento queste vengono in linea di principio sciolte. Tuttavia in alcune circostanze particolari è possibile anche una delibera di prosecuzione. Importante però è non far confusione: un estratto dell’Elenco dei creditori in forma esecutiva, ottenuto relativamente ad una società fallita, non potrà essere utilizzato nei confronti dei singoli soci anche qualora venga in gioco una loro responsabilità personale. In tutti i casi in cui si voglia richiedere l’estratto in forma esecutiva dell’Elenco dei creditori, il giudice competente in via esclusiva è quello fallimentare (Amtsgericht) presso cui la procedura di insolvenza era pendente o quel Tribunale (Landgericht) competente per valore nella cui circoscrizione si trovava il giudice dell’insolvenza.

Lo Studio A & R Avvocati Rechtsanwälte con le propirie sedi a Monaco, Milano e Padova è a disposizione per offrirvi consulenza anche nella valutazione se e come agire al meglio in tali circostanze concomitanti una procedura fallimentare del Vostro debitore.

Procedura esecutiva in caso di apertura di fallimento in Germania

Spesso accade che durante il tentativo di recuperare coattivamente crediti sospesi nei confronti di partner commerciali tedeschi si renda necessaria una procedura esecutiva e che durante il corso della stessa si apra sul patrimonio del debitore una procedura fallimentare. Cosa fare in questi casi? Quale è la sorte degli atti esecutivi compiuti?

L’apertura di una procedura di insolvenza è un elemento pubblicizzato in Germania, tuttavia la sua fase prodromica (=Eröffnungsverfahren), vale a dire la procedura di valutazione dell’apertura di un fallimento che inizia con il deposito da parte di alcuni soggetti interessati (altri creditori o lo stesso debitore) della domanda di apertura (=Antrag auf Eröffnung des Insolvenzverfahrens) non è noto ai terzi e pertanto ben si potrà verificare – per un certo periodo limitato di tempo – tale sovrapposizione di procedure. Da un lato quindi le azioni esecutive individuali e dall’altro l’azione esecutiva concorsuale. Per quanto riguarda l’arco temporale di blocco delle procedure esecutive individuali esso copre – in generale- l’intera durata della procedura concorsuale. Durante tutta la durata della procedura concorsuale opera, infatti, il divieto generale di azioni esecutive individuali ai sensi del § 89 InsO(=legge fallimentare tedesca). Da tale divieto sono colpite anche le azioni esecutive per debiti della massa (non fondati da atti del curatore) per la durata di sei mesi dall’apertura del procedimento. Sempre in generale, dopo la chiusura del procedimento i creditori concorsuali possono far valere i loro crediti residui contro il debitore senza limitazioni. Tale disposizione ha il suo limite nei casi di procedure concorsuali cui segua la procedura di esdebitazione (=Restschuldbefreiung), in tali casi chiaramente non è possibile agire in via esecutiva individuale una volta ottenuta l’esdebitazione. Unica fonte di soddisfazione per i creditori concorsuali è, in tal caso, la moneta fallimentare (vedi anche “Insinuazione credito al passivo in Germania“). Una volta verificatosi lo stato d’insolvenza del debitore e nei due o tre mesi precedenti la presentazione della domanda di apertura della procedura di fallimento ben possono essere compiuti dai singoli creditori atti esecutivi che sono in linea di massima efficaci, tuttavia occorre rilevare che questi possono essere oggetto di revocatorie da parte del curatore – una volta aperta la procedura ai sensi e nei limiti del § 131 InSO.

Aperta la procedura concorsuale è anche possibile che sia il Tribunale fallimentare a provvedere in via cautelare alla sospensione degli atti esecutivi in corso ad opera dei singoli creditori ed alla interdizione di nuovi atti esecutivi che questi vogliano promuovere relativamente ai beni della massa, con apposito provvedimento ai sensi del § 21 InsO. Tuttavia è importante sapere che con l’apertura della procedura fallimentare opera ai sensi del § 88 InsO una falcidia retroattiva (=Rückschlagsperre) per tutte le azioni esecutive anteriori all’apertura del procedimento, per cui la prelazione ottenuta da un singolo creditore concorsuale su un bene della massa fallimentare con una procedura esecutiva individuale nel mese precedente alla domanda di apertura del procedimento perde efficacia con l’apertura del procedimento stesso. Il termine di riferimento per la falcidia sarà quindi la domanda di apertura del procedimento (che nella maggior parte dei casi al momento delle azioni esecutive individuali non è nota) e non il provvedimento di apertura del fallimento. Tutti gli atti compiuti nel mese anteriore a tale data sono colpiti dall’inefficacia per legge.

Lo Studio A&R Avvocati Rechtsanwälte Vi assiste con le proprie sedi a Monaco di Baviera, Milano e Padova nel recupero dei Vostri crediti anche nella eventuale fase esecutiva nei confronti di partner commerciali tedeschi ed è in grado di supportarVi anche nei casi di insolvenza dei Vostri debitori e nelle necessarie relazioni con le curatele fallimentari.

Modifica del Regolamento sui crediti di modesta entità

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 24 dicembre il Regolamento europeo (CE 2015/2421) di modifica del precedente provvedimento relativo al recupero di crediti di modesta entità (Reg. CE 861/2007 – vedi anche “il recupero crediti europeo di modesta entità) e del Regolamento relativo alla ingiunzione di pagamento europea (Reg. CE 1896/2006).

Secondo le modifiche operate dal Legislatore europeo si è elevata la soglia di qualificazione dei crediti di modesta entità (da € 2.000,- ad € 5.000,-) per poter ricorrere al recupero di crediti secondo le modalità agevolate e standardizzate a livello europeo del regolamento CE 861/2007. Tale importo è da valutarsi “alla data in cui l’organo giurisdizionale competente riceve il modulo di domanda”. Rimangono confermati il carattere scritto del procedimento  e la previsione che l’organo giurisdizionale possa procedere eccezionalmente “a un’udienza esclusivamente se ritiene che non sia possibile emettere la sentenza sulla base delle prove scritte o su richiesta di una delle parti”.

Nel regolamento di modifica inoltre si è introdotta la possibilità, relativamente alla ingiunzione europea di pagamento, in caso di tempestiva opposizione, che il procedimento prosegua “dinanzi ai giudici competenti dello Stato membro d’origine” secondo il procedimento europeo per le controversie di modesta entità, laddove applicabile, oppure in conformità con “un rito processuale civile nazionale appropriato”. Spetterà, quindi,  al ricorrente precisare, nella domanda di ingiunzione, quale di queste procedure debba essere seguita in caso di opposizione alla sua domanda nel successivo procedimento civile qualora il convenuto presenti opposizione all’ingiunzione di pagamento europea. Il Regolamento di modifica entrerà in vigore a partire dal 14.07.2017.

Lo studio legale A & R Avvocati Rechtsanwälte con sede a Monaco di Baviera, Milano e Padova Vi assiste con i propri Avvocati bilingue nella scelta delle modalità migliori e più adeguate alle Vostre esigenze imprenditoriali per il recupero del proprio credito e Vi affianca in tutta la fase stragiudiziale e giudiziale sia in Germania che in Italia.