Termini per il riesame di un’ingiunzione di pagamento europea (IPE)
Intendiamo segnalare una recente pronuncia della Corte di cassazione italiana (Cass. Civ. Sezioni Unite n. 7075/17) sul procedimento di riesame di una ingiunzione di pagamento europea. Come noto i creditori che intendano recuperare il proprio credito sofferente nei confronti di un partner commerciale straniero, di residenza EU, si possono avvalere – alternativamente e a seconda dei casi – sia degli strumenti nazionali di recupero del credito (procedimenti monitori nazionali con successivo riconoscimento immediato del titolo) sia degli strumenti comunitari (IPE) ai sensi del Reg. CE n. 1896/2006, con le modifiche di cui al Reg. EU n. 2015/2421 in vigore a partire dal luglio di quest’anno. Quando un debitore riceve un’ingiunzione di pagamento europea ha oltre alla possibilità dell’opposizione ordinaria al provvedimento (Art. 16), anche la possibilità ai sensi dell’Art. 20 del suddetto Regolamento istitutivo di richiederne il riesame in circostanze eccezionali ivi descritte.
Tuttavia, mentre per l’ipotesi dell’opposizione ordinaria il legislatore comunitario ha previsto un termine esplicito di 30gg dal momento in cui l’ingiunzione è stata notificata, per il diverso procedimento di riesame nessun termine specifico viene indicato, ma viene usata unicamente la dizione che il convenuto “agisca tempestivamente”. Ma attenzione l’interpretazione relativa al termine del riesame – osserva correttamente la Corte di Cassazione – deve essere fatta unitariamente e internamente al Regolamento. Per verificare quindi quale termine sia da applicare all’ipotesi del riesame occorre riferirsi in primis all’Art 26 del Regolamento istitutivo che prevede che “tutte le questioni procedurali non trattate specificamente dal presente regolamento sono disciplinate dal diritto nazionale”, vale a dire dalla lex fori in cui il procedimento di riesame viene incardinato. Nell’ipotesi trattata dalla Corte di Cassazione italiana quindi, la legge processuale italiana. Il Regolamento con tale norma ha detto un vero e proprio divieto di far ricorso ad altri ceiteri di interpretazione sistematica, estensiva o analogica. “Il principio che il Regolamento esprime è che in tutte le ipotesi in cui una questione inerente il processo non sia trattata specificamente nel regolamento, cioè espressamente regolata da una norma di esso, la disciplina deve ricercarsi nel diritto nazionale”. A fortiori l’Art. 29 del Regolamento affida agli Stati membri la regolazione del procedimento di riesame, quindi la questione dei termini del riesame, essendo evidentemente questione di rito deve essere risolta applicando la normativa processuale italiana. Lo Stato italiano ha comunicato alla Commissione europea che il giudice italiano competente per le questioni di riesame di un’IPE è lo stesso giudice che ha emesso l’ingiunzione, ai sensi dell’Art. 650 cpc, e che anche il relativo procedimento applicabile al riesame sia quello dell’Art. 650 cpc. Quindi è ai termini previsti da tale articolo che occorre guardare per la proposizione tempestiva di un riesame dell’IPE in Italia, vale a dire ai termini previsti dall’ordinamento italiano per l’opposizione tempestiva al decreto ingiuntivo (richiamo all’Art. 641 cpc) quando non sia iniziata l’esecuzione, ed in quello di cui al terzo comma dell’Art 650 (“fino a 10 gg dal primo atto di esecuzione”) quando l’esecuzione sia già iniziata, qualificandosi tale ultimo termine come il “termine finale” per poter presentare il riesame. Oltre a questo importante chiarimento interpretativo gli Ermellini prendono posizione anche su un’eventuale menomazione del diritto alla difesa per il convenuto in Italia – come paventato dalle tesi difensive della società ricorrente. La Corte, invece, osserva che “l’istituto del riesame è costruito dal legislatore comunitario come un rimedio che ha natura meramente rescindente” e quindi che comporta la nullità dell’IPE “sulla base del solo riconoscimento da parte del giudice dell’esistenza di una situazione che legittimi il riesame”, quindi il contenuto delle difese di chi voglia proporre un riesame è limitato alla sola deduzione della situazione legittimante il riesame ai sensi dell’Art. 20 del Regolamento a differenza invece delle ben più ampie deduzioni difensive cui è tenuto un’opponente ad un decreto ingiuntivo nazionale. A detta della Corte pertanto “Il diritto di difesa non subisce la benchè minima menomazione”.