Applicazione del Regolamento europeo Bruxelles 1 bis

Segnaliamo una recente pronuncia della Corte di giustizia europea del 20.12.2017 (C-649/16 – Causa Valach) che ha contribuito a chiarire l’ambito di applicazione del Regolamento europeo num. 1215/2012 relativo alla competenza giurisdizionale e al riconoscimento ed all’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale in particolare in relazione ai suoi possibili ambiti di coincidenza e sovrapposizione con il Regolamento europeo num. 1346/2000 (attualmente num. 2015/848) in materia di insolvenza transfrontaliera.

La Corte europea era stata adita dalla suprema corte nazionale austriaca (Oberster Gerichtshof) che sollevava una questione pregiudiziale circa la giurisdizione internazionale in una causa di natura civile – commerciale ma collegata a procedure fallimentari. In particolare un tribunale austriaco era stato adito da alcuni soggetti, persone fisiche e giuridiche, con un’azione di responsabilità di tipo extracontrattuale riferita tuttavia ad un organo di tipo fallimentare “ comitato dei creditori” slovacco che si era pronunciato in senso negativo per un piano di risanamento di una società slovacca in insolvenza determinando in tal modo l’apertura della procedura fallimentare a carico della stessa. A causa di tale procedura fallimentare gli attori lamentavano di aver subito dei danni, generati da un comportamento opinabile del comitato dei creditori slovacco in violazione sia delle norme generali di diritto civile slovacco di neminem laedere che, nello specifico, della normativa di regolamentazione della procedura di amministrazione controllata straniera. L’evento dannoso si sarebbe verificato in Austria per le parti attrici che a causa della procedura fallimentare vedevano svilire il valore delle proprie quote azionarie e perdevano la partecipazione agli utili, pertanto esse chiedevano giustizia in Austria. Il tribunale austriaco adito tuttavia rigettava l’azione – senza pronunciarsi nel merito –  in ragione della natura fallimentare della questione ed il tutto veniva prima appellato in Austria e poi presentato alla corte di legittimità austriaca che infine si rivolgeva alla Corte di Lussemburgo per un chiarimento interpretativo. Quest’ultima quindi specificava che: da un lato l’ambito di applicazione del regolamento Bruxelles 1 bis è ampio parlando di materia civile e commerciale in senso generico (quindi anche con riferimento a pretese di illeciti extracontrattuali) dall’altro, invece il regolamento in materia di insolvenza transfrontaliera deve essere interpretato in modo restrittivo, applicandosi solo alle “decisioni che scaturiscono da procedure di insolvenza e sono ad esse strettamente connesse” (Considerando 6 Reg. CE 1346/2000). I due Regolamenti – in caso di collisione – devono essere interpretati in modo da “evitare qualsiasi sovrapposizione tra le norme che enunciano e qualsiasi lacuna normativa” . Pertanto le azioni escluse dal campo di applicazione del regolamento 1215/2012 in quanto rientranti in materia fallimentare ricadono nel campo di applicazione del regolamento 1346/2000 e analogamente le azioni che non rientrano nel campo di applicazione di quest’ultimo  rientrano nel regolamento Bruxelles 1 bis. Ora proprio il regolamento sull’insolvenza transfrontaliera offre i criteri per individuare quali decisioni rientrino nell’ambito di applicazione dello stesso e cioè quelle che “scaturiscono direttamente dalle procedure di insolvenza e (…) sono ad esse strettamente connesse”. Entrambi questi due criteri della derivazione e della stretta connessione sono rinvenuti nell’azione in oggetto, infatti sotto il primo profilo “l’azione di responsabilità (nei cfr del comitato dei creditori slovacco) è conseguenza diretta e indissociabile dell’esercizio da parte del comitato, organo obbligatorio creato al momento dell’apertura della procedura di insolvenza, della funzione che gli viene attribuita specificamente dalle disposizioni di diritto nazionale che disciplinano tale procedura”, quindi fonte dell’obbligo giuridico fatto valere in giudizio sono le norme specifiche della procedura di insolvenza (Criterio di derivazione). Inoltre i giudici nel valutare i profili di responsabilità dovranno necessariamente guardare “ alla portata degli obblighi che incombono su tale comitato nell’ambito di una procedura di insolvenza e la compatibilità di tale rigetto con questi obblighi” ed in particolare con la violazione dell’interesse comune a tutti i creditori, da ciò si evince lo stretto nesso di connessione con lo svolgimento della procedura di insolvenza (Criterio di connessione). Rientrando tale azione nell’ambito di applicazione del regolamento 1346/2000, competenza quindi del giudice del luogo di apertura del fallimento, automaticamente si esclude la stessa ratione materiae dall’ambito di applicazione del Regolamento Bruxelles 1 bis, pertanto un’azione di responsabilità extracontrattuale proposta contro un organo endofallimentare è esclusa dall’ambito di applicazione del regolamento sulla competenza giurisdizionale.

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Trasferimento della sede legale all’estero: quale giudice è competente per la dichiarazione di fallimento?

Con la sentenza nr. 7470 del 23 marzo 2017 la prima sezione della Corte di Cassazione conferma un principio già affermato dalla Corte di giustizia europea ovvero che per determinare la competenza del giudice ad aprire il fallimento si deve analizzare in quale luogo si trovi effettivamente il COMI (Center of main interest) essendo il luogo della sede statutaria, ai sensi dell’art. 3 del Regolamento CE n. 1346/2000, solo presuntivamente e salvo prova contraria il centro degli interessi principali della società.

Nel caso di specie la società, con sede legale nel circondario di competenza del Tribunale fallimentare di Napoli, dopo il manifestarsi della crisi di impresa ed al fine di frodare i creditori, trasferisce la sua sede legale a Londra. La società dichiarata fallita impugna la sentenza del Tribunale di Napoli affermando il difetto di giurisdizione del giudice italiano e la conseguente nullità della sentenza impugnata motivando che fino a prova contraria il centro degli interessi principali del debitore coincide con la sede statutaria che al momento dell’apertura del fallimento si trovava a Londra.

La Corte di appello respinge il reclamo confermando la giurisdizione del giudice italiano posto che la s.r.l. fallita aveva deliberato il trasferimento della sede all’estero quando il suo stato d’insolvenza era del tutto palese, non aveva dedotto o dimostrato le ragioni di natura imprenditoriale sottese alla modifica né era stato dimostrato lo svolgimento di un’effettiva attività produttiva a Londra. Il trasferimento ha avuto pertanto natura fraudolenta e fittizia.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione la società.

La Cassazione respinge il ricorso motivando come segue:

La Corte di giustizia (20 ottobre 2011, procedimento C – 396/09, Interedil; p.p. 56 e 57) ha precisato che “nel caso (…) di un trasferimento della sede statutaria prima della proposizione di una domanda di apertura di una procedura di insolvenza, è pertanto presso la nuova sede statutaria che, in conformità all’art. 3, n. 1, seconda frase, del regolamento, si presume si trovi il centro degli interessi principali del debitore. Sono, di conseguenza, i giudici dello Stato membro nel cui territorio si trova la nuova sede che, in linea di principio, divengono competenti ad aprire una procedura di insolvenza principale, a meno che la presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, del regolamento non sia superata dalla prova che il centro degli interessi principali non ha seguito il cambiamento di sede statutaria“.

D’altra parte la Corte di Giustizia aveva già con la nota sentenza  Eurofood affermato che: “per determinare il centro degli interessi principali di una società debitrice, la presunzione semplice prevista dal legislatore comunitario a favore della sede statutaria di tale società può essere superata soltanto se elementi obiettivi e verificabili da parte di terzi consentono di determinare l’esistenza di una situazione reale diversa da quella che si ritiene corrispondere alla collocazione nella detta sede statutaria”

Le sezioni Unite della Cassazione (S.U. 11398 del 2009) hanno sulla base dei principi indicati dalla Corte Europea affermato che: “un indicatore della non coincidenza della sede legale con quella effettiva può cogliersi quando il trasferimento all’estero della sede legale dopo il manifestarsi della crisi d’impresa, non è sostenuto dalla prosecuzione della medesima attività d’impresa svolta in Italia, né sia stato spostato presso di essa il centro dell’attività direttiva, amministrativa e organizzativa dell’impresa, bensì determini una discontinuità, o dovuta all’inesistenza di qualsiasi attività o all’impostazione di un’attività (fittizia o reale) non riconducibile a quella preesistente” (S.U. 11398 del 2009)  ed inoltre che “è necessario valutare rigorosamente se al trasferimento di sede sia seguito concretamente il trasferimento effettivo dell’attività imprenditoriale, così da non risolversi in un atto meramente formale” (S.U. 3059 del 2016).

La Cassazione dunque rileva che la Corte di Appello ha svolto l’accertamento richiesto in sede di verifica della giurisdizione italiana valutando i seguenti indicatori: la reperibilità della società; l’iscrizione nel registro delle imprese inglese; la nomina dell’amministratore; lo svolgimento di un’attività d’impresa rilevandone il carattere meramente “formale” e non rappresentante della effettiva realtà dell’impresa, sottolineando che l’iscrizione nel registro delle imprese era sub judice; che gli amministratori esteri che si erano avvicendati erano comuni ad un numero molto elevato di altre società, ubicate nella stessa sede legale, che questi peculiari elementi fattuali ponevano in rilievo l’esclusivo carattere fittizio delle nomine in questione; che l’attività d’impresa svolta era in netta discontinuità sia rispetto alla qualità ed all’oggetto di quella preesistente, sia rispetto all’entità del giro d’affari.

Nel respingere il ricorso, la Suprema Corte afferma il principio della sussistenza della giurisdizione del giudice italiano per la dichiarazione di fallimento della società, laddove risulti che il trasferimento della sede legale sia stata meramente fittizio e avvenuto quando lo stato di insolvenza era già palese, con superamento della presunzione relativa alla coincidenza della sede legale con quella reale.

Opponibilità della data certa del documento informatico nel giudizio di opposizione allo stato passivo: l’onere della prova spetta al curatore

Il tribunale di Rovigo respinge l’opposizione allo stato passivo del fallimento, ritenendo che il requisito della data certa difettasse in quanto quest’ultima risultava dalla marca temporale apposta in sede di digitalizzazione dalla società certificatrice, ai sensi dell’art. 1 cod. amm. digitale (D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82), ma la creditrice opponente non aveva dimostrato il rispetto, da parte della suddetta società, delle regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme digitali, validazione temporale del documento informatico, formazione e conservazione del medesimo. La Banca, la cui ammissione del credito è stata esclusa in ragione della suddetta decisione, propone ricorso per Cassazione di cui alla seguente pronuncia.

La Suprema Corte accoglie il ricorso della creditrice (Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza n. 12939 del 23.05.17) motivando che, sebbene la data e l’ora del documento informatico siano opponibili ai terzi solo “se apposte in conformità alle regole tecniche sulla validazione temporale” (l’art. 20, comma 3, cod. amm. Digitale), è anche vero che l’accreditamento e la conseguente iscrizione della società certificatrice nell’apposito elenco pubblico tenuto dal CNIPA, comporta necessariamente una presunzione di conformità della sua attività a dette regole. Da questo discende il principio affermato dalla Cassazione nella presente pronuncia ovvero che é onere del curatore fallimentare, quale parte che ha interesse a negare la certezza della data del documento informatico nel giudizio di opposizione allo stato passivo, provare ed allegare che la certificazione non sia avvenuta nel rispetto delle regole tecniche in quanto la società certificatrice non le ha rispettate. E tale allegazione in fatto non può essere effettuata per la prima volta nel giudizio di rinvio. La Corte precisa, inoltre, che quanto affermato non si pone in contrasto con il principio della rilevabilità di ufficio del difetto di data certa dei documenti prodotti dal creditore per dare prova del proprio credito insinuato al passivo fallimentare, in quanto nel caso in esame “l’atto attributivo di certezza alla data non difetta: esso esiste, mentre è in discussione la sua veridicità, sulla quale incide la presunzione di cui si è detto sopra”.

Gli obblighi di un amministratore di una GmbH tedesca: obbligo di presentazione della richiesta di apertura di una procedura fallimentare

Nella gestione di una società ci si augura sempre di poter presentare bilanci positivi e di garantire un produttivo andamento dell’attività di impresa, tuttavia non di rado si verifica che la società costituita all’estero abbia difficoltà ad inserirsi nel mercato straniero e presenti nei primi anni di gestione valori negativi. In questi casi è dovuta particolare attenzione da parte degli amministratori. Anche qualora questi siano cittadini italiani e magari poco conoscano la lingua tedesca ciò non esime loro dall’osservanza delle norme di legge che governano la vita sociale ed in particolare dall’ottemperanza degli obblighi cui gli amministratori sono tenuti in caso di stato di crisi della società.

Gli amministratori di una GmbH sono tenuti regolarmente a controllare lo stato economico della società e a non sottovalutare gli indizi di crisi della stessa, solo in tal modo è possibile adottare le misure di ristrutturazione più adeguate che permettano all’azienda di risanarsi e tornare in attivo, ma in alcuni casi può essere tutto troppo tardi e lo stato di crisi essere irreversibile sì da rendere necessaria la presentazione di una domanda di apertura di una procedura di insolvenza sul patrimonio della società. Accanto a tutta una serie di possibili condotte che gli amministratori debbano seguire in caso di crisi della società (vedi blog di riferimento – Risanamento delle imprese in crisi) intendiamo qui fare riferimento in particolare all’obbligo di presentazione della domanda di fallimento ed alle conseguenze che gravino sugli amministratori in caso di ritardo e di inattività. Intanto occorre che l’amministratore verifichi che la società versi in uno stato di insolvenza, ciò nel diritto tedesco è previsto nel caso in cui la società sia zahlungsunfähig, cioè non è in grado di adempiere alle obbligazioni scadute (indice di ciò è solitamente la cessazione dei pagamenti), ma anche quando esista un’insolvenza incombente (=drohende Zahlungsunfähigkeit), vale a dire quando è prevedibile che la società debitrice non sarà in grado di adempiere le obbligazioni cui si è vincolata alla loro scadenza. In ultimo la società si considera insolvente anche qualora sussista uno sbilancio patrimoniale o eccessivo indebitamento (=Überschuldung). In particolare ciò si verifica quando il patrimonio della società non è più in grado di coprire le obbligazioni esistenti. Tuttavia tale valutazione va effettuata anche prendendo in considerazione le possibili misure di ristrutturazione o le eventuali iniezioni di capitale che possano garantire la continuazione dell’attività di impresa. In alcuni casi, infatti, grazie a tali interventi è ragionevole prevedere e prognosticare che la società possa superare l’empasse in cui si trova e pertanto non sia necessariamente da considerare insolvente. In ogni caso è assolutamente da consigliare all’amministratore di una società che dia segni di decozione di agire rapidamente e di valutare le possibilità di ristabilire la liquidità dell’impresa attraverso un eventuale piano su misura. Nel caso in cui non ci sia un piano b l’amministratore è tenuto per legge (§ 64 InsO) in caso di insolvenza a presentare, immediatamente ed al più tardi entro tre settimane dal momento in cui ne ha preso conoscenza, la richiesta di apertura di una procedura di insolvenza presso il Tribunale fallimentare competente, in base alla sede legale della società. Tale termine perentorio potrà rimanere inosservato solo nel caso in cui nel frangente l’amministratore si adoperi per la realizzazione di tentativi di risanamento dell’azienda che permettano a questa di superare lo stato di insolvenza. Attenzione: il ritardo nella presentazione di una tale domanda conduce ad una responsabilità degli amministratori non solo nei confronti della società ma anche nei confronti dei creditori sociali (responsabilità sul piano civile). Tale omissione (=Insolvenzverschleppung) inoltre ha gravi conseguenze personali per l’amministratore perché integra anche gli estremi di una fattispecie penale che comporta una sanzione pecuniaria o la pena della reclusione fino a tre anni, purchè si dimostri che l’amministratore ha agito intenzionalmente o quanto meno per colpa grave. Si ha una tale colpa anche solo quando l’amministratore – di fronte a chiari indizi della crisi dell’impresa – non abbia posto in essere una valutazione consapevole e fondata della possibilità di prosecuzione dell’impresa.

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Ristrutturazione delle imprese e armonizzazione del diritto fallimentare europea: proposta di direttiva della Commissione Europea del 22 novembre 2016

La Commissione ha presentato una nuova proposta di Direttiva (2016/0359) sulla ristrutturazione preventiva delle imprese e sulla concessione di una seconda opportunità agli imprenditori, prevedendo misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione all’interno dell`Unione Europea al fine di agevolare la sopravvivenza delle imprese solide e migliorare il funzionamento del mercato interno.

La direttiva soddisfa le attese degli operatori del settore proponendo un nuovo approccio alle situazioni di crisi aziendale con la promozione di una ristrutturazione preventiva in tempi brevi al fine di sostenere la crescita e tutelare i posti di lavoro. La direttiva sarà uno strumento di fondamentale importanza per le imprese in crisi, consentendo alle stesse di agire tempestivamente nella ristrutturazione al fine di evitare il fallimento e il licenziamento del personale garantendo agli imprenditori una seconda opportunità di fare impresa dopo un fallimento. La commissaria per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere, Vĕra Jourová, ha dichiarato: “Ogni anno nell’UE falliscono 200 000 imprese; il che si traduce in 1,7 milioni i posti di lavoro persi. Ciò potrebbe spesso essere evitato se avessimo procedure più efficaci in materia di insolvenza e ristrutturazione. È giunto il momento di dare agli imprenditori una seconda opportunità di avviare un’attività attraverso la completa liberazione dai debiti entro un termine massimo di tre anni“. La direttiva si propone dunque di armonizzare il più possibile le procedure di insolvenza, posto che frammentazione legislativa in materia di insolvenza è fonte di incertezza del diritto così rappresentando un limite alla espansione transfrontaliera e riducendo gli investimenti transfrontalieri. L’eccessiva lentezza delle procedure di insolvenza in molti Paesi dell’Unione Europea rappresenta un fattore deterrente per gli investimenti. E´ stato calcolato che in metà dei Paesi dell’Unione le procedure di insolvenza durano dai 2 ai 4 anni.

Attraverso l’uniformazione delle procedure di insolvenza sarà possibile assicurare un migliore funzionamento del Mercato Unico, sia dei beni che dei capitali. In particolare la direttiva si propone di:

  1. ridurre gli ostacoli agli investimenti transfrontalieri derivanti dalla frammentazione legislativa in materia di ristrutturazione ed insolvenza, e aumentare le opportunità di investimento e di lavoro nel mercato interno;
  2. ridurre il numero di liquidazioni inutili di imprese economicamente sostenibili e aumentare le possibilità di ristrutturazioni transfrontaliere nel mercato interno consentendo agli imprenditori di beneficiare di una seconda opportunità, poiché saranno sgravati interamente dai debiti dopo un periodo massimo di 3 anni;
  3. adottare misure mirate affinché gli Stati membri aumentino l’efficienza delle procedure di insolvenza, ristrutturazione così aumentando le opportunità di ripartire per gli imprenditori onesti. Tali misure verranno conseguite riducendo la lunghezza ed i costi eccessivi delle procedure in molti Stati membri.

La proposta è inoltre un passo positivo verso la stabilità finanziaria dell´UE. Attraverso procedure di ristrutturazione efficienti, le imprese saranno in grado di restituire i prestiti alle banche così diminuendo gli elevati livelli di crediti in sofferenza in alcune parti del settore bancario. Ciò consentirà alle banche di erogare maggiori prestiti ai consumatori e alle imprese. Al fine di realizzare gli obiettivi prefissati, la Commissione propone l’istituzione di quadri legislativi armonizzati nel settore della ristrutturazione, prevedendo:

  • L’accesso degli imprenditori in crisi – in particolare nel settore della piccola e media impresa – a strumenti di allerta per individuare il deterioramento degli affari e assicurare la ristrutturazione il più precocemente possibile;
  • L’introduzione di norme flessibili di ristrutturazione preventiva al fine di semplificare i procedimenti giudiziari lunghi, complessi e costosi, attraverso l’eventuale coinvolgimento dei giudici nazionali per salvaguardare gli interessi delle parti interessate;
  • La possibilità per l’imprenditore in crisi di beneficiare di un periodo limitato di tempo di un massimo di quattro mesi della moratoria al fine di favorire eventuali trattative per una ristrutturazione efficace della sua impresa;
  • L’incapacità per i creditori e per gli azionisti di minoranza dissenzienti di bloccare i piani di ristrutturazione. Allo stesso tempo verranno introdotte delle norme per la tutela degli interessi legittimi di questi soggetti;
  • La protezione di nuovi finanziamenti in modo da aumentare le possibilità di una ristrutturazione efficace;
  • La tutela dei diritti dei lavoratori in conformità con la legislazione vigente dell’UE durante le procedure di ristrutturazione preventiva;
  • L’incentivazione della formazione e specializzazione di curatori fallimentari e di giudici nonché dell’uso delle tecnologie al fine di migliorare l’efficacia e la durata delle procedure di insolvenza e di ristrutturazione.

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I nuovi strumenti di finanziamento delle imprese previsti dal Governo italiano

Con il DL. Num. 59/2016 ora convertito in legge (L.119/2016) – come abbiamo avuto modo in altro blog di informare (vedi Nuovi strumenti per la gestione dei crediti in sofferenza) – si introducono nel diritto italiano due nuovi contratti di garanzia a favore delle imprese: il pegno mobiliare non possessorio e il patto marciano. Scopo di tale intervento legislativo è concedere ulteriori canali di finanziamento alle imprese senza bloccare la loro operatività. Questi nuovi strumenti di garanzia creati dal legislatore italiano offrono nuove possibilità di tutela delle proprie pretese anche ai creditori stranieri nei confronti dei propri partner commerciali italiani.

Vediamo quindi di focalizzare nel concreto i caratteri del primo di questi istituti:

Il pegno mobiliare non possessorio.

Tale pegno ha carattere speciale rispetto al pegno disciplinato nel codice civile italiano perché potrà essere costituito unicamente da parte d’imprenditori, iscritti nel registro delle imprese (limite soggettivo) e solo su alcuni tipi di beni, quelli “inerenti all’esercizio dell’attività di impresa” (limite oggettivo), quindi non su beni personali dell’imprenditore o relativi ad una impresa diversa da quella nei cui confronti si vanti il credito. Caratteristica peculiare di questo nuovo istituto è la mancanza di spossessamento del bene. A differenza di quanto contraddistingue il pegno ordinario per cui il creditore è garantito proprio dal fatto di avere il possesso del bene mobile, in tale nuovo istituto il creditore è garantito dal meccanismo della pubblicità legale del pegno non possessorio. Infatti nel caso in cui si voglia costituire un tale pegno occorrono non solo dei requisiti formali stringenti (quali il contratto scritto tra le parti previsto a pena di nullità e l’indicazione specifica dei soggetti coinvolti, dei beni dati in garanzia, del credito garantito e dell’importo massimo garantito), ma occorre l’iscrizione di tale pegno in un registro telematico tenuto presso l’Agenzia delle Entrate e denominato “Registro dei pegni non possessori”. È solo con tale iscrizione che viene ad esistenza il pegno non possessorio (efficacia costitutiva della pubblicità legale) e se ne determina il grado e l’opponibilità ai terzi. In altri termini anche se sono possibili più pegni non possessori sullo stesso bene, deve essere presa come riferimento, quanto meno ai fini dell’opponibilità, la data della prima iscrizione. Ciò vale anche in caso di sentenza dichiarativa di fallimento del debitore, per cui il creditore garantito da pegno non possessorio iscritto in data anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento non solo potrà essere opposto al fallimento stesso, ma gode all’interno della procedura di una posizione particolarmente privilegiata. Tale creditore, infatti, avrà la possibilità di liquidare in via stragiudiziale autonoma (nonostante la pendenza della procedura fallimentare) con il solo limite di aver insinuato precedentemente il proprio credito nel passivo fallimentare e di essere stato ammesso al passivo con prelazione.

Rimane tuttavia un’attività di monitoraggio del curatore sulle attività di liquidazione del bene garantito da pegno non possessorio nonché la possibilità che anche tale garanzia possa essere colpita da azioni revocatorie ai sensi degli artt. 66 e 67 della legge fallimentare.

La garanzia del pegno non possessorio presenta, poi, tutta una serie di vantaggi che la rendono attraente per il creditore che se ne intenda avvalere, in particolare, la cd. rotatività  dei beni oggetto della garanzia non possessoria, dei quali anche in presenza del vincolo di garanzia si potrà disporre. Quindi in via generale e tranne nel caso in cui le parti contrattualmente lo escludano, il pegno non possessorio si potrà trasferire anche al corrispettivo della cessione del bene gravato o al bene sostitutivo acquistato con tale corrispettivo o se trasformato in altro prodotto, sul risultato di tale trasformazione. Il bene oggetto di pegno non possessorio potrà anche essere locato, con il vantaggio dell’imputazione dei canoni di affitto al soddisfacimento del credito garantito. In ogni caso attenzione è dovuta perché l’iscrizione di pegno non possessorio ha durata di soli 10 anni (seppure rinnovabile) e le modalitá di registrazione allo stato attuale non sono ancora state precipuamente disciplinate. Quindi uno strumento di garanzia del credito interessante sotto diversi profili tutte le volte in cui sussista un interesse della prosecuzione dell’attività economica del proprio partner commerciale.

Lo studio legale A & R Avvocati Rechtsanwälte Vi assiste nella valutazione di possibilità e opportunità di costituzione di garanzie a tutela dei Vostri crediti anche alla luce delle costanti novità normative.

Il valore dell’insinuazione al passivo fallimentare dopo la conclusione del fallimento nel diritto tedesco

Una domanda che spesso ci viene posta dai nostri mandanti è se e perché insinuare in un fallimento in Germania quando le prospettive delle quote di ripartizione della massa fallimentare appaiono ridotte. Cosa succede una volta che la procedura concorsuale è terminata e che cosa rimane in mano al creditore concorsuale a parte la moneta fallimentare.

Al di là dell’interesse al recupero almeno parziale delle somme dovute da parte di un debitore insolvente, la procedura concorsuale tedesca prevede delle disposizioni che potrebbero – in determinate circostanze – essere interessanti per il creditore italiano (vedi anche “Procedura esecutiva in caso di apertura di fallimento in Germania“). Il creditore concorsuale, infatti, il cui credito sia stato accertato in corso di fallimento e non sia stato oggetto di opposizione da parte del fallito, potrà richiedere una volta chiusa la procedura tramite Aufhebungsbeschluss una copia in forma esecutiva dell’estratto dell’Elenco dei creditori (=vollstreckbare Ausfertigung des Tabellenauszugs) per far valere i propri crediti residui contro il debitore. Tale estratto ha valore di titolo esecutivo a tutti gli effetti ed è utilizzabile nei confronti del debitore. I precedenti titoli esecutivi acquisiti nei confronti del debitore, prima dell’apertura del procedimento fallimentare, non hanno più valore e una volta presentati a sostegno della propria insinuazione vengono, per così dire annullati e non possono più essere utilizzati nei confronti del debitore. Qualora per errore non venissero invalidati ed il creditore cercasse dopo la procedura concorsuale di farli valere, incontrerebbe la sicura opposizione del debitore eseguito. Quindi dopo la procedura fallimentare solo l’estratto dell’Elenco dei creditori in forma esecutiva, alle condizioni di cui sopra, può essere usato come titolo esecutivo per i crediti residui. Ciò ha rilevanza nei confronti del debitore persona fisica ma solo dopo il decorso del cd. Wohlverhaltensperiode (=periodo di buona condotta successivo alla chiusura del fallimento della durata di 3 o 5 anni) in cui perdura il divieto di azioni esecutive individuali. E successivamente solo qualora non sia concessa l’esdebitazione finale. Particolarmente rilevante è la possibilità di eseguire sul patrimonio del fallito dopo la procedura concorsuale per alcuni crediti particolari, per i quali eccezionalmente ciò è previsto dalla legge fallimentare. Si tratta dei crediti da atti illeciti dolosi, che ai sensi del § 302, comma I, num. 1 della Legge Fallimentare tedesca sono esclusi dalla esdebitazione purchè siano stati insinuati esplicitamente come tali. Sotto tale profilo occorre particolare attenzione proprio in fase di insinuazione. Lo studio A & R Avvocati Rechtsanwälte, in base all’esperienza acquisita in materia fallimentare, è in grado di assistervi al meglio già in tale fase di insinuazione permettendovi – laddove la natura del credito lo consenta – di riservarvi questa possibilità ulteriore di soddisfazione del credito.

Nei confronti dei debitori società di capitali la possibilità di eseguire sul loro patrimonio una volta cessata la procedura è praticamente nulla considerato che le persone giuridiche, il cui patrimonio sia stato interamente liquidato, non hanno più ragione di esistere e vengono cancellate d’ufficio dal registro delle imprese decretandone la definitiva cessazione. Anche nei confronti dei debitori che abbiano la forma giuridica di società di persone la possibilità di eseguire dopo la procedura fallimentare è esigua considerando che con l’apertura del fallimento queste vengono in linea di principio sciolte. Tuttavia in alcune circostanze particolari è possibile anche una delibera di prosecuzione. Importante però è non far confusione: un estratto dell’Elenco dei creditori in forma esecutiva, ottenuto relativamente ad una società fallita, non potrà essere utilizzato nei confronti dei singoli soci anche qualora venga in gioco una loro responsabilità personale. In tutti i casi in cui si voglia richiedere l’estratto in forma esecutiva dell’Elenco dei creditori, il giudice competente in via esclusiva è quello fallimentare (Amtsgericht) presso cui la procedura di insolvenza era pendente o quel Tribunale (Landgericht) competente per valore nella cui circoscrizione si trovava il giudice dell’insolvenza.

Lo Studio A & R Avvocati Rechtsanwälte con le propirie sedi a Monaco, Milano e Padova è a disposizione per offrirvi consulenza anche nella valutazione se e come agire al meglio in tali circostanze concomitanti una procedura fallimentare del Vostro debitore.

Procedura esecutiva in caso di apertura di fallimento in Germania

Spesso accade che durante il tentativo di recuperare coattivamente crediti sospesi nei confronti di partner commerciali tedeschi si renda necessaria una procedura esecutiva e che durante il corso della stessa si apra sul patrimonio del debitore una procedura fallimentare. Cosa fare in questi casi? Quale è la sorte degli atti esecutivi compiuti?

L’apertura di una procedura di insolvenza è un elemento pubblicizzato in Germania, tuttavia la sua fase prodromica (=Eröffnungsverfahren), vale a dire la procedura di valutazione dell’apertura di un fallimento che inizia con il deposito da parte di alcuni soggetti interessati (altri creditori o lo stesso debitore) della domanda di apertura (=Antrag auf Eröffnung des Insolvenzverfahrens) non è noto ai terzi e pertanto ben si potrà verificare – per un certo periodo limitato di tempo – tale sovrapposizione di procedure. Da un lato quindi le azioni esecutive individuali e dall’altro l’azione esecutiva concorsuale. Per quanto riguarda l’arco temporale di blocco delle procedure esecutive individuali esso copre – in generale- l’intera durata della procedura concorsuale. Durante tutta la durata della procedura concorsuale opera, infatti, il divieto generale di azioni esecutive individuali ai sensi del § 89 InsO(=legge fallimentare tedesca). Da tale divieto sono colpite anche le azioni esecutive per debiti della massa (non fondati da atti del curatore) per la durata di sei mesi dall’apertura del procedimento. Sempre in generale, dopo la chiusura del procedimento i creditori concorsuali possono far valere i loro crediti residui contro il debitore senza limitazioni. Tale disposizione ha il suo limite nei casi di procedure concorsuali cui segua la procedura di esdebitazione (=Restschuldbefreiung), in tali casi chiaramente non è possibile agire in via esecutiva individuale una volta ottenuta l’esdebitazione. Unica fonte di soddisfazione per i creditori concorsuali è, in tal caso, la moneta fallimentare (vedi anche “Insinuazione credito al passivo in Germania“). Una volta verificatosi lo stato d’insolvenza del debitore e nei due o tre mesi precedenti la presentazione della domanda di apertura della procedura di fallimento ben possono essere compiuti dai singoli creditori atti esecutivi che sono in linea di massima efficaci, tuttavia occorre rilevare che questi possono essere oggetto di revocatorie da parte del curatore – una volta aperta la procedura ai sensi e nei limiti del § 131 InSO.

Aperta la procedura concorsuale è anche possibile che sia il Tribunale fallimentare a provvedere in via cautelare alla sospensione degli atti esecutivi in corso ad opera dei singoli creditori ed alla interdizione di nuovi atti esecutivi che questi vogliano promuovere relativamente ai beni della massa, con apposito provvedimento ai sensi del § 21 InsO. Tuttavia è importante sapere che con l’apertura della procedura fallimentare opera ai sensi del § 88 InsO una falcidia retroattiva (=Rückschlagsperre) per tutte le azioni esecutive anteriori all’apertura del procedimento, per cui la prelazione ottenuta da un singolo creditore concorsuale su un bene della massa fallimentare con una procedura esecutiva individuale nel mese precedente alla domanda di apertura del procedimento perde efficacia con l’apertura del procedimento stesso. Il termine di riferimento per la falcidia sarà quindi la domanda di apertura del procedimento (che nella maggior parte dei casi al momento delle azioni esecutive individuali non è nota) e non il provvedimento di apertura del fallimento. Tutti gli atti compiuti nel mese anteriore a tale data sono colpiti dall’inefficacia per legge.

Lo Studio A&R Avvocati Rechtsanwälte Vi assiste con le proprie sedi a Monaco di Baviera, Milano e Padova nel recupero dei Vostri crediti anche nella eventuale fase esecutiva nei confronti di partner commerciali tedeschi ed è in grado di supportarVi anche nei casi di insolvenza dei Vostri debitori e nelle necessarie relazioni con le curatele fallimentari.

Scioglimento e liquidazione di una società tedesca (GmbH)

A volte accade che il business promosso in Germania attraverso la costituzione di una start up non abbia prodotto i risultati desiderati o che si decida di non continuare la propria attività attraverso la forma della GmbH o invece che il propri obiettivi siano stati pienamente realizzati e che si voglia abbondonare il mercato. In tutti questi casi si pone la necessità di sciogliere e liquidare la società GmbH precedentemente costituita al fine di procedere alla sua cancellazione dal registro delle imprese. Qui alcune indicazioni generali sulla liquidazione della GmbH.   

1.Delibera di scioglimento

Al fine di procedere alla liquidazione, al termine della quale è possibile cancellare la società dal registro delle imprese, occorre in prima battuta scogliere la società. Ciò avviene in linea generale attraverso una delibera assembleare votata a maggioranza dei ¾ dei soci salvo che lo statuto disponga diversamente. Dal momento dello scioglimento la denominazione deve prevedere l´indicazione che la società si trova in liquidazione, ad esempio: “Alfa GmbH in liquidazione” o “Alfa GmbH i.L.” Nella delibera di scioglimento deve inoltre essere disposto in quale luogo e presso quale soggetto i libri e la documentazione sociale dovrà essere conservata a seguito della liquidazione. Il § 60 legge sulle srl tedesche (GmbHG) regola i consueti motivi di scioglimento. Un ulteriore causa di scioglimento della società è l´apertura di una procedura fallimentare o il rigetto dell´apertura di una procedura fallimentare a causa dell´insufficienza della massa. Con lo scioglimento della società, cessano i poteri di rappresentanza dell´amministratore. A seguito della delibera di scioglimento, si deve procedere agli adempimenti relativi alla liquidazione della società prima di potere ritenere cessata la società e cancellare la stessa dal registro delle imprese.

2.Iscrizione della delibera di scioglimento e della nomina del liquidatore al registro delle imprese

La delibera di scioglimento deve essere depositata nella forma dell´atto notarile per la richiesta di iscrizione nel registro delle imprese. Contestualmente l´assemblea dei soci nomina il liquidatore. Nella prassi viene di frequente nominato liquidatore l´amministratore in carica prima dello scioglimento della società. Il liquidatore, prima di assumere l´incarico, deve giurare che nessun motivo di natura penale, professionale, commerciale osti alla sua nomina.

3.Compiti del liquidatore

La liquidazione della GmbH ha come finalità la distribuzione del patrimonio sociale ai soci. Per la realizzazione di tale scopo, i liquidatori assumono la rappresentanza della società nei confronti dei terzi. I più importanti obblighi dei liquidatori sono regolati dai §§ 70-73 della legge sulle srl tedesche (GmbHG). Compito del liquidatore è terminare i negozi pendenti e adempiere alle obbligazioni della società. Unitamente alla delibera di liquidazione deve essere consegnato il bilancio di liquidazione con una relazione illustrativa. Di particolare importanza è il dovere del liquidatore di effettuare una comunicazione ai creditori (Gläubigeraufruf) relativa allo svolgimento della liquidazione della società. A tal fine deve essere pubblicato un avviso nel bollettino federale. Dalla pubblicazione inizia a decorrere un periodo di tempo di un anno (Sperrjahr) entro il quale i creditori devono denunciare alla società il proprio credito e prima dello spirare del quale i liquidatori non possono procedere a ripartizioni dell’attivo.

4.Ripartizione del patrimonio ai soci

La ripartizione può avvenire solo a seguito del decorso dello “Sperrjahr” e se tutti i negozi sono stati terminati. A seguito del riparto ai soci, la liquidazione può dirsi conclusa.

5.Cessazione e cancellazione

A seguito della chiusura del procedimento di liquidazione, il liquidatore deve richiedere l´iscrizione al registro delle imprese della cancellazione della società. A seguito di tale richiesta l´incarico di liquidatore viene meno. Dopo l´esame da parte del tribunale del registro della richiesta e della regolarità della procedura, la società viene cancellata dal registro delle imprese (vedi anche “la cancellazione dal registro delle imprese“). I libri e la documentazione della società devono essere conservati presso un socio o un terzo per i successivi dieci anni.

Lo Studio legale A & R Avvocati Rechtsanwälte con sede a Monaco di Baviera, Milano e Padova Vi affianca durante tutta la fase di liquidazione e Vi assiste per tutte le questioni formali inerenti. Contattateci per ulteriori informazioni.

La cancellazione dal Registro delle Imprese

Per tutti i titolari di partecipazioni sociali in società italiane, in particolare laddove sussista l’intenzione di far cessare l’attività della società attraverso una volontaria fase di liquidazione e la successiva cancellazione della società dall’apposito registro delle imprese, segnaliamo una nuova sentenza della Cassazione italiana (sentenza n. 14699 del 14.07.2015, Seconda Sezione Civile) che ha consolidato l’orientamento giurisprudenziale successivo alla riforma del diritto societario in Italia in tema di efficacia della cancellazione dal registro delle imprese.

Con la riforma del diritto societario in Italia (D. Lgs. N.6/2003) è stato modificato il tenore dell’Art. 2495 c.c. in modo innovativo, rispetto alla sua precedente formulazione, indicando l’istituto della cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese come evento estintivo immediato della stessa (efficacia costitutiva della pubblicità legale). In passato la cancellazione della società dal registro aveva una semplice valenza dichiarativa e non produceva l’effetto di estinguere la società, fintanto che i rapporti giuridici della stessa non si fossero completamente esauriti. In altri termini, se un creditore vantava una pretesa insoddisfatta nei confronti di una società cessata poteva sia agire nei confronti della stessa sia – in modo sussidiario ed autonomo – nei confronti dei liquidatori della società e dei soci della stessa limitatamente a quanto da questi riscosso in base al bilancio finale di liquidazione. Tutto ciò perché la società con la sola cancellazione dal registro non perdeva la sua soggettività giuridica o capacità di stare in giudizio, fintanto che sopravvivessero rapporti inesauriti.

La nuova formulazione dell’Art. 2495 cc ha introdotto un inciso decisivo: “ferma restando l’estinzione della società dopo la cancellazione,” i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. Ciò significa che la cancellazione della società produce come effetto immediato la sua estinzione, per cui i creditori insoddisfatti non potranno più agire nei confronti di quest’ultima, ma solo ed unicamente nei confronti dei soci (ed in alcuni casi dei liquidatori). La società una volta cancellata non può più né agire né essere chiamata in giudizio. I soci succedono nei diritti e negli obblighi della società cessata. Negli obblighi nei limiti di quanto da essi riscosso dopo la liquidazione o illimitatamente (se erano responsabili illimitatamente già in costanza di società) nei diritti: “si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, sebbene azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che questi vi abbia rinunciato” (così Cass. S.U. n. 6070 del 12.03.2013).

Tale principio di efficacia costitutiva della cancellazione vale in riferimento temporale, alle cancellazioni avvenute a partire dal 01.01.2004 e riguarda tanto le società di capitali quanto quelle di persone (in tal senso, Cass. S.U. n. 4026/2010). Quest’ultimo tema delle società di persone è riconfermato dalla sentenza segnalata in apertura, la quale afferma che «dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese ha effetto costitutivo ed estingue anche la società di persone, quando non sia stata provata la continuazione dell’operatività sociale dopo la cancellazione della società – peraltro per le cancellazioni anteriori a tale provvedimento, con decorrenza dal l° gennaio 2004 – sebbene non tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo siano stati definiti».

Lo Studio legale A & R Avvocati Rechtsanwälte con sede a Monaco di Baviera, Milano e Padova Vi affianca durante tutta la fase di cancellazione e Vi assiste per tutte le questioni formali inerenti. Contattateci per ulteriori informazioni.