Gli obblighi di un amministratore di una GmbH tedesca: obbligo di presentazione della richiesta di apertura di una procedura fallimentare

Nella gestione di una società ci si augura sempre di poter presentare bilanci positivi e di garantire un produttivo andamento dell’attività di impresa, tuttavia non di rado si verifica che la società costituita all’estero abbia difficoltà ad inserirsi nel mercato straniero e presenti nei primi anni di gestione valori negativi. In questi casi è dovuta particolare attenzione da parte degli amministratori. Anche qualora questi siano cittadini italiani e magari poco conoscano la lingua tedesca ciò non esime loro dall’osservanza delle norme di legge che governano la vita sociale ed in particolare dall’ottemperanza degli obblighi cui gli amministratori sono tenuti in caso di stato di crisi della società.

Gli amministratori di una GmbH sono tenuti regolarmente a controllare lo stato economico della società e a non sottovalutare gli indizi di crisi della stessa, solo in tal modo è possibile adottare le misure di ristrutturazione più adeguate che permettano all’azienda di risanarsi e tornare in attivo, ma in alcuni casi può essere tutto troppo tardi e lo stato di crisi essere irreversibile sì da rendere necessaria la presentazione di una domanda di apertura di una procedura di insolvenza sul patrimonio della società. Accanto a tutta una serie di possibili condotte che gli amministratori debbano seguire in caso di crisi della società (vedi blog di riferimento – Risanamento delle imprese in crisi) intendiamo qui fare riferimento in particolare all’obbligo di presentazione della domanda di fallimento ed alle conseguenze che gravino sugli amministratori in caso di ritardo e di inattività. Intanto occorre che l’amministratore verifichi che la società versi in uno stato di insolvenza, ciò nel diritto tedesco è previsto nel caso in cui la società sia zahlungsunfähig, cioè non è in grado di adempiere alle obbligazioni scadute (indice di ciò è solitamente la cessazione dei pagamenti), ma anche quando esista un’insolvenza incombente (=drohende Zahlungsunfähigkeit), vale a dire quando è prevedibile che la società debitrice non sarà in grado di adempiere le obbligazioni cui si è vincolata alla loro scadenza. In ultimo la società si considera insolvente anche qualora sussista uno sbilancio patrimoniale o eccessivo indebitamento (=Überschuldung). In particolare ciò si verifica quando il patrimonio della società non è più in grado di coprire le obbligazioni esistenti. Tuttavia tale valutazione va effettuata anche prendendo in considerazione le possibili misure di ristrutturazione o le eventuali iniezioni di capitale che possano garantire la continuazione dell’attività di impresa. In alcuni casi, infatti, grazie a tali interventi è ragionevole prevedere e prognosticare che la società possa superare l’empasse in cui si trova e pertanto non sia necessariamente da considerare insolvente. In ogni caso è assolutamente da consigliare all’amministratore di una società che dia segni di decozione di agire rapidamente e di valutare le possibilità di ristabilire la liquidità dell’impresa attraverso un eventuale piano su misura. Nel caso in cui non ci sia un piano b l’amministratore è tenuto per legge (§ 64 InsO) in caso di insolvenza a presentare, immediatamente ed al più tardi entro tre settimane dal momento in cui ne ha preso conoscenza, la richiesta di apertura di una procedura di insolvenza presso il Tribunale fallimentare competente, in base alla sede legale della società. Tale termine perentorio potrà rimanere inosservato solo nel caso in cui nel frangente l’amministratore si adoperi per la realizzazione di tentativi di risanamento dell’azienda che permettano a questa di superare lo stato di insolvenza. Attenzione: il ritardo nella presentazione di una tale domanda conduce ad una responsabilità degli amministratori non solo nei confronti della società ma anche nei confronti dei creditori sociali (responsabilità sul piano civile). Tale omissione (=Insolvenzverschleppung) inoltre ha gravi conseguenze personali per l’amministratore perché integra anche gli estremi di una fattispecie penale che comporta una sanzione pecuniaria o la pena della reclusione fino a tre anni, purchè si dimostri che l’amministratore ha agito intenzionalmente o quanto meno per colpa grave. Si ha una tale colpa anche solo quando l’amministratore – di fronte a chiari indizi della crisi dell’impresa – non abbia posto in essere una valutazione consapevole e fondata della possibilità di prosecuzione dell’impresa.

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