La possibilità di iniziare due procedimenti in due diversi Stati dell’Unione europea.

Capita spesso nei casi di situazioni giuridiche che coinvolgono più stati e che pertanto presentano un carattere d’internazionalità sotto diversi profili, di porsi il problema dove iniziare un giudizio per prima o se sia possibile ed in che misura iniziare contemporaneamente due processi in due stati diversi dell’Unione senza ricadere nei blocchi dettati dalle norme processualistiche internazionali. La scelta va rimessa ad un’attenta analisi giuridica preventiva per evitare inutili costi processuali e fatali perdite di tempo.

Di recente la Corte di Cassazione (Ordinanza n. 20841 del 21.08.2018) italiana si è occupata di un caso di litispendenza internazionale tra l’Austria, l’Italia e l’Ungheria pronunciandosi con un’ordinanza che è spunto di importanti riflessioni per evitare lunghi percorsi giudiziari ed evitabili costi. Nel caso concreto si trattava dei congiunti (moglie e figli) di un cittadino italiano deceduto in Austria a seguito di un incidente stradale causato da una cittadina ungherese assicurata in Ungheria, con società mandataria dell’assicurazione in Italia. I congiunti avevano instaurato un giudizio civile e penale in Austria (luogo di verifica del sinistro stradale) nei confronti della cittadina ungherese e della sua assicurazione per l’accertamento e la liquidazione dei danni patrimoniali del sinistro. Durante il corso del processo civile (poco prima della precisazione delle conclusioni) i congiunti decidevano di agire anche in Italia nei confronti della società mandataria dell’assicurazione ungherese e della cittadina ungherese stessa per l’accertamento e la liquidazione dei danni non patrimoniali insorgenti dal sinistro. Il Tribunale di I grado adito accoglieva l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalle parti ungheresi e chiudeva il processo. Le parti italiane (mentre nel frattempo il processo in Austria si chiudeva definitivamente) ricorrevano in appello in Italia e la Corte competente, nonostante venisse resa edotta della conclusione del giudizio austriaco, nuovamente chiudeva il processo, ritenendo corretta la posizione del I giudice nel senso della carenza di giurisdizione. I congiunti italiani ricorrevano quindi in Cassazione. Gli Ermellini colgono l’occasione per precisare alcuni aspetti importanti e spesso fonte di equivoci anche tra i tecnici del diritto: il Tribunale di I grado ritenne che la causa introdotta davanti a lui fosse sostanzialmente coincidente con quella proposta dinanzi ai giudici austriaci e quindi erroneamente chiuse il processo per difetto di giurisdizione. Indipendentemente dalla valutazione se esistesse o meno coincidenza dei petita, la Cassazione precisa che nel caso in cui due cause vengano promosse presso due giudici diversi dell’Unione, anche in due momenti successivi, si ha un’ipotesi di litispendenza internazionale e non di carenza di giurisdizione, con la conseguenza che (ai sensi dell’Art 27 del Reg. CE 44/2001 ora sostituito dal Reg. UE 1215/2012) il giudice successivamente adito deve sospendere d’ufficio il giudizio fino a che sia stata accertata la competenza del giudice adito in precedenza. Il tribunale di I grado, quindi avrebbe dovuto sospendere il giudizio fino alla pronuncia definitiva del tribunale austriaco e non chiudere il giudizio per carenza di giurisdizione. Ma anche la Corte d’appello successivamente adìta ha erroneamente chiuso il processo infatti in tale fase, il procedimento austriaco era già concluso e quindi veniva meno la causa di sospensione per litispendenza internazionale proprio per venir meno della litispendenza, cioè della pendenza contemporanea e parallela di sue cause presso due giudici dell’Unione. “La Corte d’Appello pertanto non avrebbe dovuto confermare la sentenza di I grado, ma rilevare a) il venir meno della causa di sospensione; e b) accertare se vi fosse o non vi fosse un giudicato internazionale”. In altri termini appresa l’esistenza di un precedente giudicato da parte del giudice austriaco si sarebbe dovuto vagliare i termini dello stesso e l’incidenza sul giudizio italiano. In caso di coincidenza ciò avrebbe portato ad una chiusura del giudizio già deciso (ne bis in idem) e invece in caso di mancata coincidenza della portata del giudizio precedente con quello in corso ad una prosecuzione del giudizio italiano. Nel caso di specie la Cassazione ha rilevato che nessuna coincidenza di giudicati si sarebbe potuta verificare, vertendo essenzialmente il primo processo (in Austria) sull’accertamento dei danni patrimoniali ed il secondo (in Italia) su quelli non patrimoniali. I due procedimenti avevano solo una parte comune: l’accertamento della responsabilità nel sinistro. Su questo aspetto si era già pronunciata la Corte austriaca sia civile che penale pertanto il giudice italiano avrebbe dovuto attenersi senza entrare nel merito alle risultanze di quei giudizi, decidendo invece su altri aspetti, quali l’accertamento della sussistenza del danno non patrimoniale e del quantum dello stesso. La Cassazione pertanto ha accolto il ricorso e ha rinviato il tutto nuovamente in Corte d’appello con chiara indicazione di attenersi alle sentenze straniere evitando conflitti di giudicati endocomunitari. Tutto da rifare quindi per un cavillo procedurale.